Dissezione aortica acuta durante tentativo inefficace
di impianto transcatetere di protesi aortica totalmente
riposizionabile e recuperabile

Annamaria Dachille1, Fortunato Iacovelli2,3, Francesco Giardinelli1, Emanuela De Cillis4, Nicola Signore4,
Marco Matteo Ciccone1, Stefano Favale1, Gaetano Contegiacomo5, Alessandro Santo Bortone6

1Sezione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi,
Università degli Studi “Aldo Moro”, Bari

2Servizio di Emodinamica, Casa di Cura “Montevergine”, Mercogliano (AV)

3Divisione di Cardiologia, Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi “Federico II”, Napoli

4U.O.C. Cardiologia Ospedaliera, A.O.U. Policlinico Consorziale, Bari

5Servizio di Emodinamica, Casa di Cura “Santa Maria”, Bari

6Sezione di Cardiochirurgia, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi “Aldo Moro”, Bari

Aortic injury is a rare but severe complication that may occur during transcatheter aortic valve implantation (TAVI). Few patients with type A dissection are treated surgically because of the high rate of postoperative mortality and neurological complications in this high-risk population; thoracic endovascular aortic repair is rare too, and technically challenging because of the anatomical variations of spiral type A aortic dissection. Sometimes a watchful waiting strategy could be the best solution. We report the case of an acute, extended aortic type A dissection occurred during a TAVI procedure, probably due to the rupture of the dedicated sheath, and conservatively managed.

Key words. Aortic valve stenosis; Computed tomography angiography; Dissection; Intraoperative complications; Transcatheter aortic valve replacement; Watchful waiting.

INTRODUZIONE

L’impianto transcatetere di biopresi aortica (TAVI) è ormai una realtà nel trattamento dei pazienti con stenosi aortica severa sintomatica ad alto rischio1. Nonostante l’evoluzione tecnica dei dispositivi, tale procedura è tuttavia ancora gravata da svariate complicanze, accuratamente descritte nel documento di consenso del Valve Academic Research Consortium-22: quelle vascolari maggiori si presentano in una percentuale compresa tra l’1.9% e il 17% dei pazienti sottoposti a TAVI transfemorale, e tra queste la dissezione aortica in una percentuale compresa tra lo 0% e l’1.9%3, anche se la reale incidenza di questa complicanza in corso di TAVI non è ben nota, essendo solitamente inclusa tra le complicanze vascolari maggiori stesse, e quindi non riportata separatamente, dalla maggior parte dei registri su larga scala e dei trial randomizzati4. In generale, le complicanze vascolari maggiori sono associate ad un incremento di 3 volte del rischio relativo di morte5. Nell’ambito di tutte le complicanze, la dissezione aortica acuta iatrogena (DAAI) fa parte infatti della cosiddetta “pentade pericolosa”6, insieme a ematoma retroperitoneale da rottura del sito di accesso, tamponamento cardiaco, ostruzione coronarica e severa insufficienza aortica acuta.

Secondo l’International Registry of Aortic Dissection, rispetto alla dissezione aortica spontanea, quella iatrogena è più frequente in pazienti all’incirca una decade più anziani, ma anche diabetici, ipertesi e con storia di aterosclerosi, oltre ad essere più frequentemente paucisintomatica o addirittura asintomatica, e a non presentare sempre i classici reperti iconografici, quali flap intimale e falso lume, alla diagnostica per immagini. Inoltre, rispetto a quella di tipo B secondo la classificazione di Stanford, la DAAI di tipo A complica più spesso interventi cardiochirurgici che non procedure transcatetere, ma è comunque gravata da una mortalità del 35%, non significativamente differente dalla mortalità di quella di tipo A spontanea7. La DAAI si definisce a sua volta complicata in presenza di dolore persistente o ricorrente, ipertensione non controllata nonostante terapia medica massimale, precoce espansione aortica, malperfusione e segni di rottura (emotorace, ematoma periaortico o mediastinico in aumento)4.

La Direct Flow Medical® (DFM) è una bioprotesi pericardica bovina transcatetere di ultimissima generazione, in quanto non metallica ma costituita da un’impalcatura di dacron/poliestere, e progettata pertanto per essere completamente riposizionabile e recuperabile prima del rilascio finale. La sua tecnologia si basa infatti su un anello aortico ed uno ventricolare, tre fili di posizionamento ma soprattutto su dei canali di gonfiaggio non complianti che accolgono dapprima una soluzione radiopaca, per permetterne la visualizzazione fluoroscopica, che viene poi “scambiata”, tramite questo sistema a ciclo continuo, con il polimero epossidico che invece consente, creando la struttura portante della bioprotesi stessa, di fissarla nella sua posizione finale. Il sistema di recupero DFM è invece progettato per rimuovere la bioprotesi attraverso l’introduttore dedicato da 18 French, quando le dimensioni o la posizione finale rispetto all’anulus nativo non sono ottimali: dopo che sistema di rilascio e bioprotesi vengono ritirati fino alla punta dell’introduttore, essi vengono accolti nel cestello di recupero, che viene quindi a sua volta ritirato nell’introduttore e rimosso.

Descriviamo un caso di estesa DAAI di tipo A verificatasi durante tentativo inefficace di recupero di una protesi valvolare DFM, dopo pop-out della stessa. Sulla base del quadro clinico postprocedurale, tale rara complicanza è stata efficacemente gestita in maniera conservativa mediante strategia “watchful waiting”.

PRESENTAZIONE DEL CASO

Il caso in questione riguarda un uomo di 60 anni, iperteso, obeso (indice di massa corporea di 33.7 kg/m2) e diabetico insulino-dipendente, nonché affetto da sindrome delle apnee notturne ed epatopatia cronica HBV-correlata ad evoluzione cirrotica, complicata da ipertensione portale ed encefalopatia iperammoniemica; una recente risonanza magnetica nucleare dell’encefalo aveva messo in evidenza una degenerazione putaminale bilaterale, in un quadro di encefalopatia vascolare, mentre tramite una recente biopsia osteomidollare si riscontrava una componente linfoide interstiziale con eritropoiesi ridotta. Ricoveratosi per dispnea ingravescente (classe funzionale New York Heart Association III) e ripetuti episodi sincopali, gli veniva posta diagnosi ecocardiografica di stenosi aortica severa, con associate spiccata ipertrofia ventricolare sinistra (diametro del setto interventricolare 18 mm) e lieve insufficienza mitralica. La coronarografia evidenziava invece diffusa ateromasia non significativamente stenosante di tutto l’albero coronarico, mentre l’angio-tomografia computerizzata (angio-TC) dimostrava una valvola aortica tricuspide con anulus di 457.8 mm2 (diametro 24 x 21 mm), altezza degli osti coronarici sinistro e destro rispetto all’anulus stesso rispettivamente di 12.5 e 18.5 mm, ed infine assi iliaco-femorali ateromasici ma non stenotici. Pertanto, in considerazione dell’elevato rischio chirurgico confermato da un logistic EuroSCORE del 33.5% e da un rischio predetto di mortalità STS score dell’1.987% (Morbidity or Mortality: 20.323%), dopo valutazione collegiale del caso da parte del “Valve Team”, il paziente veniva programmato per TAVI con bioprotesi DFM (Direct Flow Medical® Inc., Santa Rosa, CA, USA) di diametro pari a 27 mm.

In anestesia locale, dopo preocclusione dell’arteria femorale comune destra mediante dispositivo di emostasi a doppia sutura, e previo posizionamento di guida preformata SafariTM large 0.035” (Boston Scientific, Natick, MA, USA) in apice ventricolare sinistro, si effettuava valvuloplastica aortica mediante pallone Loma Vista (Loma Vista Medical, Burlingame, CA, USA) 24 mm durante pacing ventricolare rapido. Si tentava pertanto di impiantare la suddetta bioprotesi DFM 27 mm, con immediato pop-out della stessa in aorta ascendente (Figura 1a). Recuperato il sistema nell’apposito cestello in nitinolo (Figura 1b), si evidenziava a seguire rottura dell’introduttore dedicato (Figura 1c). Consapevoli a questo punto dell’impossibilità a completare la procedura per via percutanea, si è proceduto, previa conversione dell’anestesia in generale con intubazione orotracheale, a posizionamento, tramite accesso femorale controlaterale, di pallone di occlusione aortica Reliant® (Medtronic, Minneapolis, MN, USA) e quindi ad isolamento chirurgico dell’accesso vascolare con successiva estrazione del dispositivo e dell’introduttore lesionato (Figura 2). La procedura veniva completata embricando un’endoprotesi autoespandibile Excluder® (Gore Medical, Arizona, AZ, USA) 16.0-14.0 x 70 mm in arteria iliaca comune ed uno stent ricoperto Atrium Advanta V12TM (Maquet, Rastatt, BW, Germania) 9.0 x 59.0 mm sull’asse iliaca esterna–femorale comune (Figura 1d). Dopo chiusura chirurgica dell’accesso arterioso femorale destro, il controllo angiografico finale metteva in evidenza un’immagine compatibile con DAAI a partenza dall’aorta sottorenale (Figura 1e), estesasi in via retrograda, ma senza rientro prossimale, fino all’aorta ascendente (Figura 1f) e coinvolgente persino i tre tronchi sovraortici. Tale reperto veniva confermato dall’angio-TC eseguita il giorno successivo (Figura 3).

Avendo optato per un trattamento conservativo basato sull’ottimizzazione della terapia farmacologica, il paziente veniva dimesso in 36a giornata post-valvuloplastica, asintomatico, privo di segni neurologici, con un gradiente transvalvolare aortico medio di 16 mmHg e frazione di eiezione ventricolare sinistra invariata (50%), e quindi avviato ad uno stretto follow-up clinico-strumentale della DAAI di tipo A: l’angio-TC di controllo effettuata ad 1 mese di distanza risultava assolutamente sovrapponibile a quella immediatamente postprocedurale.







DISCUSSIONE

In accordo alle ultime linee guida sulle aortopatie, la chirurgia in emergenza è il trattamento di scelta in caso di dissezione aortica acuta di tipo A, tant’è che quest’ultima ha una mortalità del 50% entro 48h se non operata4. Tuttavia, nonostante i miglioramenti tecnici chirurgici ed anestesiologici, la mortalità perioperatoria (25%) e le complicanze neurologiche (18%) rimangono elevate8,9; in particolare un danno aortico acuto in corso di TAVI può essere addirittura responsabile di un tasso di mortalità, dopo cardiochirurgia in emergenza, oscillante tra il 57% e l’80%10,11. L’outcome di coloro con DAAI di tipo A non sottoposta a chirurgia (solitamente a causa di età avanzata, comorbilità ma anche rifiuto da parte del paziente) era comunque altrettanto scarso, con una mortalità a 30 giorni del 58% proprio dopo trattamento conservativo12. In corso di TAVI, la letteratura contiene un singolo caso di DAAI a partenza dall’aorta addominale, in corrispondenza della punta dell’introduttore, ma rimasta confinata alla sola aorta discendente, e quindi gestita conservativamente13. In generale, l’approccio meno invasivo mediante impianto di endoprotesi aortica toracica (TEVAR) è stato eseguito con successo solo in un ristretto numero di casi ad elevatissimo rischio chirurgico, per quanto risulti condizionato dalle difficoltà connesse alla variabilità anatomica delle dissezioni aortiche acute spirali di tipo A14; esiste infatti un unico caso in letteratura di trattamento ibrido di una DAAI post-TAVI dapprima, previo bypass cardiopolmonare, rinforzando esternamente l’aorta ascendente avvolgendola con un feltro in politetrafluoroetilene, per poi completare la procedura mediante TEVAR a livello del solo “tear” di ingresso in aorta ascendente stessa15.

Alla luce di tutto ciò, nel caso appena descritto, anche in considerazione dell’assenza di sindrome da malperfusione, dell’asintomaticità e allo stesso tempo della fragilità del paziente, che presentava un rischio operatorio proibitivo già per potenziale intervento tradizionale ed elettivo di sostituzione valvolare aortica, è stato preferito un trattamento conservativo. Tale strategia cosiddetta “watchful waiting”, oltre ad essere basata su una terapia medica mirata al controllo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, prevedeva un serrato follow-up clinico-strumentale (angio-TC a 1 mese ed a 6 mesi) mirato ad identificare eventuali segni di progressione della malattia e/o di malperfusione, che invece e purtroppo complica più del 30% delle DAAI di tipo A4.

In conclusione, oltre all’eventuale evitabilità di tale complicanza utilizzando un altro tipo di bioprotesi transcatetere e all’appropriatezza di tale trattamento conservativo, resta sicuramente un interrogativo aperto se la rottura dell’introduttore, responsabile della DAAI, è stata determinata da un difetto strutturale dello stesso o da una non corretta gestione del recupero della protesi valvolare. Ciò che tuttavia è certo è che, considerate le differenze in fattori di rischio e presentazione clinica rispetto a quella spontanea, la DAAI di tipo A va sempre considerata una rara ma potenzialmente fatale complicanza, che necessita di particolare attenzione clinica oltre a meritare una strategia terapeutica del tutto individualizzata.

RIASSUNTO

La dissezione aortica acuta iatrogena (DAAI) è una rara ma severa complicanza che può verificarsi in corso di impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI). Considerato l’elevato tasso di mortalità e di ictus postoperatori in tale popolazione ad alto rischio, solo in pochi casi la DAAI di tipo A viene trattata chirurgicamente; l’approccio endovascolare è altrettanto raro, e complesso a causa delle varianti anatomiche della DAAI di tipo A spiraliformi. Talvolta un atteggiamento “watchful waiting” rappresenta la soluzione migliore. Presentiamo il caso di un’estesa DAAI di tipo A in corso di TAVI, verosimilmente dovuta alla rottura dell’introduttore dedicato, e gestita conservativamente.

Parole chiave. Angio-tomografia computerizzata; Complicanze intraprocedurali; Dissezione; Impianto transcatetere di valvola aortica; Stenosi valvolare aortica; Watchful waiting.

RINGRAZIAMENTI

Il Dr. Fortunato Iacovelli frequenta il corso di dottorato di ricerca internazionale CardioPaTh. Si ringrazia il Dr. Vito Alberotanza per il prezioso contributo nell’acquisizione, elaborazione e ricostruzione delle immagini angio-TC.

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