Documento di posizione SICI-GISE:
Utilizzo di Absorb BVS nella pratica clinica

Giuseppe Tarantini1, Francesco Saia2, Piera Capranzano3, Bernardo Cortese4,
Marco Mojoli1, Giacomo Boccuzzi5, Andrea Cuculo6, Salvatore Geraci7, Alessio Mattesini8,
Jacopo Oreglia9, Francesco Summaria10, Luca Testa11, Sergio Berti12, Giovanni Esposito13,
Caterina Maria Gandolfo14, Alessio La Manna3, Ugo Limbruno15, Alfredo Marchese16,
Ciro Mauro17, Fabio Tarantino18, Alessandro Salvi19, Gennaro Santoro20, Ferdinando Varbella21,
Roberto Violini22, Giuseppe Musumeci23

1Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari, Policlinico Universitario, Padova

2Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

3Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Ferrarotto, Università degli Studi, Catania

4Cardiologia Interventistica, A.O. Fatebenefratelli, Milano

5Cardiologia Interventistica, Azienda Sanitaria Locale Torino 2, Torino

6Dipartimento di Cardiologia, A.O. Ospedali Riuniti, Foggia

7Cardiologia Interventistica, Ospedale S. Giovanni di Dio, Agrigento

8Cardiologia Interventistica, Ospedale Moriggia Pelascini, Gravedona (CO)

9Emodinamica, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

10Dipartimento di Cardiologia, Policlinico Casilino, Roma

11Dipartimento di Cardiologia, IRCCS Policlinico S. Donato, S. Donato Milanese (MI)

12U.O. Cardiologia Diagnostica ed Interventistica, Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio”, Ospedale del Cuore, Massa

13Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi “Federico II”, Napoli

14Cardiologia Interventistica, Ospedale Civico, Palermo

15U.O.C. Cardiologia, Azienda USL Toscana Sudest, Grosseto

16U.O.C. Cardiologia Interventistica, Anthea Hospital, GVM Care & Research, Bari

17Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Cardarelli, Napoli

18Laboratorio di Emodinamica, U.O. Cardiologia, Ospedale G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Forlì

19Dipartimento Cardiovascolare, Ospedali Riuniti, Università degli Studi, Trieste

20Cardiologia Interventistica, AOU Careggi, Firenze

21Dipartimento di Cardiologia, Ospedale degli Infermi, Rivoli (TO)

22Cardiologia Interventistica, Ospedale S. Camillo-Forlanini, Roma

23Dipartimento Cardiovascolare, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo

Drug-eluting stents (DES) are the current gold standard for percutaneous treatment of coronary artery disease. However, DES are associated with a non-negligible risk of long-term adverse events related to persistence of foreign material in the coronary artery wall. In addition, DES implantation causes permanent caging of the native vessel, thus impairing normal vasomotricity and the possibility of using non-invasive coronary imaging or preforming subsequent bypass surgery. On the contrary, coronary bioresorbable stents (BRS) may provide temporary mechanical support to coronary wall without compromising the subsequent recovery of normal vascular physiology, and have the potential to prevent late adverse events related to permanent elements. Several types of BRS have been introduced into clinical practice in Europe or are being tested. However, most of available clinical data relate to a single BRS, the Absorb bioresorbable Vascular Scaffold (Absorb BVS) (Abbott Vascular, Santa Clara, CA). Despite encouraging clinical results, no societal guidelines are available on the use of BRS in clinical practice.

A panel of Italian expert cardiologists assembled under the auspices of the Italian Society of Interventional Cardiology (SICI-GISE) for comprehensive discussion and consensus development, with the aim to provide recommendations on the use of bioresorbable stents in terms of clinical indications, procedural aspects, post-percutaneous coronary angioplasty pharmacologic treatment and follow-up. Based on current evidence and BRS availability in Italian cath-labs, the panel decided unanimously to provide specific recommendations for the Absorb BVS device. These recommendations do not necessarily extend to other BRS, unless specified, although significant overlap may exist with Absorb BVS, particularly in terms of clinical rationale.

Key words. Acute coronary syndrome; Bioresorbable stents; Bioresorbable vascular scaffold; Stable coronary artery disease.

Abbreviazioni

BMS stent metallico

BRS stent riassorbibile

BVS bioresorbable vascular scaffold

CTO occlusione coronarica cronica totale

DAPT duplice terapia antiaggregante piastrinica

DES stent a rilascio di farmaco

DOCE device-oriented endpoint

EES stent a rilascio di everolimus

NSTEMI infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento del tratto ST

OCT tomografia a coerenza ottica

PLLA acido L-polilattico

SCA sindrome coronarica acuta

STEMI infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST

TLF fallimento della lesione target

VRT terapia di ripristino vascolare

INTRODUZIONE

Gli stent a rilascio di farmaco (drug-eluting stents, DES) di ultima generazione sono l’attuale “gold standard” nel trattamento percutaneo della coronaropatia aterosclerotica, grazie alla significativa riduzione degli eventi avversi rispetto alle precedenti tecnologie (in particolare a breve e medio termine)1. Tuttavia, dopo impianto di DES permane un rischio non trascurabile di eventi avversi a lungo termine – circa 2% all’anno – correlato in parte alla permanenza delle maglie metalliche dello stent e del polimero a rilascio di farmaco nella parete coronarica2. L’associazione tra la persistenza di un “corpo estraneo” nella parete coronarica ed eventi avversi tardivi è indirettamente suggerita dal fatto che, in pazienti trattati con angioplastica coronarica semplice, l’incidenza di eventi avversi tardivi (5-10 anni) è significativamente inferiore rispetto a quella di pazienti trattati con stent metallici (pur in presenza di tassi significativamente maggiori di eventi avversi precoci)3. Numerosi altri limiti dei DES – anche di ultima generazione – sono l’alterazione della normale funzione endoteliale, il rischio di neoaterosclerosi legato a reazioni infiammatorie locali, il “caging” del vaso nativo con compromissione della normale vasomotricità e della possibilità di rimodellamento vascolare e la mancata possibilità di utilizzare imaging coronarico non invasivo e di impiantare successivamente graft chirurgici4,5. Inoltre, il supporto meccanico fornito dallo stent dopo rivascolarizzazione coronarica è necessario nei primi 3-4 mesi, al fine di prevenire fenomeni precoci di “recoil”, ma non a lungo termine6.

L’innovazione tecnologica ha consentito la creazione di stent coronarici riassorbibili (bioresorbable stents, BRS), in grado di degradarsi e riassorbirsi nel giro di pochi anni dall’impianto. Il razionale di tale tecnologia consiste nella possibilità di ottenere un transitorio supporto meccanico senza compromettere il successivo recupero della normale fisiologia vascolare e prevenendo eventi avversi tardivi legati agli elementi permanenti dei DES7. Studi di imaging intracoronarico hanno confermato la completa degradazione dei BRS dopo 3-4 anni dall’impianto, con recupero della normale vasomotricità e rimodellamento vasale, sostenuto da fenomeni infiammatori locali, che può portare a ingrandimento del lume vasale e regressione dell’originaria placca aterosclerotica8.

Lo stent Igaki-Tamai è stato il primo stent completamente biodegradabile utilizzato nell’uomo. Costituito di acido L-polilattico (PLLA), non era dotato di alcun farmaco antiproliferativo ed era pertanto caratterizzato da un elevato tasso di rivascolarizzazioni ripetute a breve termine. Il follow-up tuttavia ha dimostrato tassi accettabili di eventi avversi a lungo termine e l’effettiva dissoluzione dello scaffold, fornendo le prime evidenze per la cosiddetta “terapia di ripristino vascolare” (vessel restoration therapy, VRT)9. Successivamente, vari tipi di BRS hanno ottenuto il marchio CE e sono stati introdotti nella pratica clinica in Europa, mentre altri sono via di sperimentazione (Tabella 1)10. Tuttavia, la maggior parte dei dati clinici di efficacia e sicurezza si riferisce a un singolo BRS, l’Absorb Bioresorbable Vascular Scaffold (Absorb BVS, Abbott Vascular, Santa Clara, CA). In Tabella 2 è fornita una panoramica dei principali studi (trial clinici o studi first-in-man) disponibili per i BRS attualmente in uso clinico o sperimentale10.

Nonostante la disponibilità di dati clinici incoraggianti in un crescente numero di contesti clinici, non sono disponibili linee guida di società internazionali sulle indicazioni all’utilizzo dei BRS nella pratica clinica. Precedenti raccomandazioni in tal senso sono state fornite esclusivamente da panel di esperti11,12. Inoltre, multiple evidenze suggeriscono una correlazione tra tecnica di impianto dei BRS e successivi eventi avversi, con la conseguente necessità di definire modalità di impianto standardizzate13.







Obiettivi e metodi del progetto

Il presente documento di posizione è stato redatto da un panel di cardiologi interventisti appartenenti a Centri ad alto volume di procedure di impianto di BRS. La volontà del Panel è quella di fornire, in assenza di linee guida, raccomandazioni sull’utilizzo dei BRS in termini di indicazioni cliniche, aspetti procedurali, trattamento farmacologico post-impianto e follow-up.

Per la stesura del documento i membri del Panel si sono basati sulla revisione della letteratura disponibile sull’argomento, cercando di motivare il razionale che ha portato ad indicare una determinata scelta terapeutica. Ogni raccomandazione finale ha raggiunto il consenso di almeno l’80% dei membri del Panel.

Alla luce dei dati scientifici e della disponibilità nell’attuale pratica clinica italiana, il Panel ha deciso unanimemente di fornire raccomandazioni specifiche per il dispositivo Absorb BVS (o semplicemente BVS). Tali raccomandazioni non si estendono necessariamente ad altri BRS, salvo laddove indicato specificamente nel testo benché – ragionevolmente – vi possano essere significative sovrapposizioni soprattutto in termini di razionale clinico.

Raccomandazioni per l’utilizzo di BVS nella pratica clinica

Lo schema di presentazione delle raccomandazioni prevede una suddivisione in scenari clinici ed anatomici, che nella pratica clinica sono costantemente sovrapposti tra loro. La sintesi dovrà essere effettuata dagli operatori caso per caso tenendo in considerazione tutti gli elementi a disposizione. Le raccomandazioni sono frutto della sintesi tra evidenze e razionale, e sono classificate come: Alto livello (A), Medio livello (M), Basso livello (B), nessuna raccomandazione specifica (NR) e Sconsigliata (S).

Le raccomandazioni per la selezione dei pazienti e delle lesioni per l’uso di BVS sono sintetizzate nella Tabella 3.




SCENARI CLINICI

Coronaropatia stabile

La maggior parte dei pazienti arruolati nei trial randomizzati di confronto tra BVS e DES di nuova generazione, che hanno fornito convincenti evidenze di efficacia e sicurezza, erano pazienti con angina stabile o ischemia silente14-16. Tuttavia, la scelta di impiantare o meno un BVS in questi pazienti deve essere basata su altri fattori (caratteristiche cliniche e anatomiche), come evidenziato successivamente.

Sindromi coronariche acute

Pazienti con angina instabile erano presenti in proporzione consistente (10-65%) nei principali trial randomizzati14-17 e finora non sono emerse indicazioni preferenziali né problematiche particolari. Per i pazienti con infarto miocardico senza o con sopraslivellamento del tratto ST (rispettivamente, NSTEMI e STEMI) sono opportune considerazioni specifiche.

Razionale

Le sindromi coronariche acute (SCA) presentano caratteristiche che possono fornire un buon razionale per l’impiego dei BVS quali: 1) placche lipidiche soft; 2) presenza di multiple lesioni instabili; 3) elevata incidenza di eventi ricorrenti a distanza, sia a carico di lesioni trattate che di lesioni non trattate in prima istanza18; 4) età mediamente più bassa rispetto alla coronaropatia stabile. Al contrario, potenziali problematiche tecniche per i BVS sono costituite dalla presenza di materiale trombotico o elementi trombogenici e la coesistenza di fenomeni di vasospasmo, magnificati nello STEMI.

Evidenze

STEMI e NSTEMI rappresentavano il 39% dei pazienti trattati con BVS nel trial EVERBIO II, che ha confrontato 1:1:1 BVS vs stent a rilascio di biolimus (Biomatrix Flex, Biosensors, Europe SA, Morges, Svizzera) vs stent a rilascio di everolimus (EES) (PROMUS Element; Boston Scientific, Marlborough, Massachusetts, USA), documentando a 9 mesi valori simili di perdita tardiva del lume (endpoint primario) e outcome clinico19. Pazienti con NSTEMI sono stati arruolati in numerosi registri mono- o multicentrici sui BVS20-22, che hanno fornito convincenti, anche se non definitivi, elementi a sostegno della sua sicurezza ed efficacia in questa condizione. Gori et al.20 hanno confrontato gli esiti di pazienti con SCA (40% NSTEMI, 44% STEMI, 16% angina instabile) trattati con BVS con un gruppo di controllo di pazienti trattati con Xience (Abbott Vascular, Santa Clara, CA), documentando risultati simili fino a 6 mesi di follow-up. Lo stesso gruppo ha dimostrato una performance a 12 mesi simile ai DES di nuova generazione in termini clinici, di perdita tardiva del lume e di vasomotilità23.

Per quanto attiene allo STEMI, le prime limitate serie di pazienti hanno fornito elementi di fattibilità e sicurezza24-26 e successivamente sono stati pubblicati altri studi a sostegno dell’efficacia a breve e medio termine27-29. Lo studio BVS-EXAMINATION ha confrontato, nello STEMI, 290 pazienti consecutivi trattati con BVS, con 290 trattati con un EES e altrettanti trattati con uno stent metallico (bare metal stent, BMS), selezionati mediante “propensity score matching”. L’incidenza dell’endpoint primario clinico (device-oriented clinical endpoint, DOCE) non era statisticamente differente tra BVS e gli altri gruppi a 30 giorni e a 1 anno, sebbene l’incidenza di trombosi di stent definita e probabile fosse numericamente superiore nel gruppo BVS (BVS 2.4%, DES 1.4%, BMS 1.7%)29. Infine, lo studio TROFI II, randomizzato, multicentrico, in singolo cieco, ha confrontato BVS vs EES in pazienti con STEMI sottoposti ad angioplastica primaria, dimostrando una guarigione endoteliale non inferiore e tendenzialmente superiore nel braccio BVS a 6 mesi. L’endpoint primario era uno score misurato con tomografia a coerenza ottica (optical coherence tomography, OCT) e basato sulla presenza di “strut” non ricoperti e/o malapposti e di difetti di riempimento endoluminali30. Gli endpoint clinici sono risultati simili nei due gruppi. Numerosi altri studi, randomizzati e non, sono tuttora in corso.

Considerazioni tecniche

L’impianto dei BVS nel contesto delle SCA richiede cautela. Vi è un rischio concreto di “undersizing” del dispositivo, legato alla presenza di trombo o fenomeni vasomotori che possono far sottostimare il reale diametro vasale. Nello STEMI, non è chiaro se la tecnica di impianto dei BVS debba seguire o meno le regole generali fornite in altre situazioni, in particolare pre-dilatazione aggressiva e post-dilatazione ad elevate pressioni (fattori che potrebbero aumentare il rischio di embolizzazione distale, “no-reflow” e alterata riperfusione tissutale). Il Panel ritiene che nello STEMI vada prestata molta attenzione al “sizing” del dispositivo, impiegando tecniche e farmaci più idonei ad ottenere una buona visualizzazione prima della scelta del BVS. In assenza di evidenti calcificazioni, la pre-dilatazione può essere effettuata anche con palloncini sottodimensionati. L’impianto del dispositivo deve essere fatto senza elevate pressioni (10-12 atm). La post-dilatazione va effettuata (quasi) sempre con pallone non compliante ma deve essere mirata al raggiungimento di una uniforme espansione del dispositivo senza arrivare necessariamente ad alte pressioni. Impianto diretto del dispositivo e assenza di post-dilatazione possono essere considerate in casi estremamente selezionati.

Età del paziente

Razionale

La scomparsa nel tempo di una struttura rigida e inestensibile all’interno del vaso coronarico, l’assenza di elementi metallici con conseguente rischio di trombosi tardiva o frattura, il ripristino della vasomotilità e dello “shear stress” adattativi, la dilatazione tardiva del lume vascolare e il rimodellamento espansivo dell’arteria coronarica sono tra i principali benefici clinici degli scaffold riassorbibili rispetto ai DES14,31. Appare pertanto molto ragionevole privilegiare pazienti giovani per mirare, nel tempo, ad una restitutio ad integrum della parete vasale, salvaguardando eventuali futuri interventi di rivascolarizzazione percutanea o chirurgica. Un’affascinante prospettiva degli scaffold riassorbibili risiede nella loro potenzialità di trasformare una placca “vulnerabile”, anche non critica, in una placca “stabile”. In questo senso, l’uso del BVS nel giovane avrebbe anche un significato preventivo, in quanto contribuirebbe a prevenire futuri eventi ischemici, superando il concetto di “trattamento della lesione” per arrivare a intervenire precocemente sulla biologia vascolare del paziente32,33. Questa ipotesi però va testata in rigorosi studi clinici e un contributo fondamentale in futuro potrà venire dall’evoluzione tecnologica delle metodiche di imaging dell’aterosclerosi coronarica associate a valutazioni funzionali, in grado di predire l’evoluzione degli ateromi apparentemente non critici. Sull’altro versante, i pazienti con età avanzata possono godere di un limitato beneficio complessivo offerto dai BVS per via della ridotta aspettativa di vita e della presenza di comorbilità rilevanti. Inoltre, la patologia coronarica è spesso più complessa e a maggior contenuto di calcificazioni, riducendo la probabilità di restituito ad integrum. È difficile tuttavia stabilire con certezza dei limiti superiori di età, e il quadro clinico e anatomico deve essere valutato nel suo complesso.

Evidenze

Non ci sono evidenze specifiche sui BVS per classi di età. Nello studio ABSORB III non è emersa un’interazione significativa tra età ≥64 e <64 anni e outcome clinico15. Va sottolineato che a tutt’oggi non è dimostrato che tutti i vantaggi potenziali dei BVS si traducano in un beneficio clinico concreto, soprattutto considerando il tasso di eventi estremamente ridotto ottenuto con i DES di ultima generazione. Quindi, selezione dei pazienti e condotta rigorosa della procedura dal punto di vista tecnico appaiono indispensabili.

Diabete mellito

Razionale

Il paziente diabetico, rispetto a soggetti non dismetabolici, presenta una maggiore estensione della patologia coronarica, vasi solitamente di calibro ridotto ed una maggiore incidenza di patologia multivasale. Inoltre, i pazienti diabetici presentano iperreattività piastrinica e un maggior grado di infiammazione e di disfunzione endoteliale34, nonché un’esaltata reazione di guarigione al danno della parete vasale. Tutto ciò, soprattutto nei pazienti insulino-dipendenti, si traduce in un aumentato rischio di eventi cardiaci avversi dopo angioplastica coronarica, in particolare trombosi intra-stent, restenosi e necessità di reintervento. L’avvento dei DES ha abbattuto di molto il rischio di restenosi intra-stent portando ad una significativa e duratura riduzione della necessità di ripetere procedure di rivascolarizzazione in confronto con i BMS35. Tuttavia, la persistenza di una struttura metallica, con o senza polimeri, causa nel tempo una reazione infiammatoria cronica tipo da “corpo estraneo”, possibilmente correlata alla neoaterosclerosi tardiva che è responsabile di alcuni degli eventi clinici maggiori a lungo termine che riducono l’efficacia dei DES tradizionali soprattutto nei soggetti diabetici. L’utilizzo di scaffold coronarici riassorbibili, e quindi la liberazione del vaso dall’“incarceramento metallico”, potrebbe ragionevolmente rappresentare la soluzione del problema con un vantaggio a lungo termine rispetto agli standard terapeutici attuali. Infine il trattamento della malattia coronarica diffusa tipica, come detto, dei soggetti diabetici, e caratterizzata da una severa ed estesa infiltrazione ateromasica della parete vascolare, impone spesso l’impianto di stent multipli e in “overlapping” che, sebbene di ultima generazione, non solo aumentano il rischio di trombosi, restenosi e frattura, ma compromettono anche un’eventuale rivascolarizzazione chirurgica in caso di fallimento. La potenziale trasformazione di una coronaria filiforme e diffusamente ateromasica in un vaso rimodellato, di buon calibro e fisiologicamente funzionante, a completo riassorbimento dei BVS, rappresenta una prospettiva straordinaria.

Evidenze

I dati sui pazienti diabetici trattati con BVS sono ancora relativamente esigui e prospetticamente a breve-medio termine. Da un’analisi comparativa su 551 pazienti dei trial ABSORB Cohort B e ABSORB EXTEND, non è stata riscontrata nessuna differenza statisticamente significativa tra pazienti diabetici e non diabetici trattati con BVS in termini di trombosi intra-scaffold accertata o probabile (0.7% in entrambi i gruppi) e di endpoint composito (morte cardiaca, infarto a carico del vaso target e rivascolarizzazione della lesione target ad 1 anno; 3.7% vs 5.1%, p=0.64)36. Parimenti, dopo propensity score matching tra 136 pazienti diabetici della coorte ABSORB e 882 pazienti diabetici trattati con EES nei trial SPIRIT, i pazienti diabetici trattati con BVS avevano un tasso inferiore, anche se non statisticamente significativo, di fallimento della lesione target (target lesion failure, TLF) e trombosi di stent rispetto a pazienti diabetici con caratteristiche simili trattati con EES (TLF 3.9 vs 6.4%, p=0.38; trombosi di stent 1 vs 1.7%, p=1.0). Questi dati sono relativi ad un numero ristretto e altamente selezionato di pazienti, nei quali la severità della malattia coronarica era presumibilmente modesta e con follow-up limitato nel tempo. Wiebe et al.37 hanno riportato l’esperienza di un singolo centro sull’utilizzo del BVS in una popolazione di 120 diabetici “all-comers”, inclusi casi di STEMI e molte lesioni complesse (B2/C 60.6%). I tassi di fallimento del vaso target, rivascolarizzazione della lesione target e trombosi di stent a 6 mesi sono stati rispettivamente dell’8.9%, 2.7% e 2.7%, comparabili agli studi “all-comers” in pazienti trattati con DES e BVS32,38. La trombosi dello scaffold si è verificata esclusivamente in pazienti con lesioni complesse tipo B2/C e 2 dei 3 pazienti avevano interrotto la duplice terapia antiaggregante (dual antiplatelet therapy, DAPT) immediatamente dopo la procedura. La DAPT sembra pertanto essenziale nella prevenzione della trombosi intra-scaffold, in considerazione dell’ipereattività piastrinica tipica del diabetico e dello spessore aumentato delle maglie del BVS che causa maggiore turbolenza di flusso e, nei vasi di piccolo calibro, un ingombro non trascurabile.

Nella metanalisi di Stone et al.39, che include 3389 pazienti arruolati in 4 trial clinici (ABSORB II, ABSORB Japan, ABSORB China, ABSORB III) e randomizzati a impianto di BVS o EES in cromo-cobalto, la presenza di diabete mellito si conferma essere tra i principali predittori indipendenti di TLF al follow-up (rischio relativo 1.56, p=0.002) e sebbene il tasso di morte, infarto o rivascolarizzazione ad 1 anno sia simile nei due gruppi di trattamento (BVS 11.9% vs EES in cromo-cobalto 10.6%), all’analisi dei sottogruppi è emerso che lo stent metallico tende ad essere superiore nel paziente non diabetico, ma non nel diabetico. Ulteriori dati sono attesi da studi dedicati come SUGAR-EVE (EverolimuS-ElUtinG BioresorbAble VasculaR Scaffolds vErsus EVerolimus-Eluting Stents in Patients With Diabetes Mellitus, www.clinicaltrials.gov NCT02632292) o dal sottostudio del COMPARE ABSORB (Bioresorbable Scaffold vs Xience Metallic Stent for Prevention of Restenosis in Patients at High Risk of Restenosis, www.clinicaltrials.gov NCT02486068).

Considerazioni tecniche

Valgono le considerazioni generali relative all’impianto degli scaffold. È necessario considerare con attenzione la quantità di mezzo di contrasto in pazienti con nefropatia diabetica.

Malattia multivasale

Razionale

I pazienti con malattia coronarica multivasale presentano un più alto tasso di TLF a breve così come a lungo termine e, soprattutto nelle condizioni a maggior complessità anatomica, l’angioplastica con DES continua a conferire risultati peggiori rispetto alla cardiochirurgia40. I DES di nuova generazione hanno verosimilmente ridotto il gap residuo con la cardiochirurgia, ma nuove opzioni terapeutiche come i BVS che offrano pari efficacia nel breve termine e potenziali vantaggi a lungo termine appaiono promettenti.

Evidenze

Gli studi randomizzati permettevano l’arruolamento di pazienti con fino a 2 lesioni de novo in vasi epicardici differenti. Pochissimi dati sono disponibili su pazienti trivasali e con malattia del tronco comune. Nuovi dati sono attesi dal registro IT-DISAPPEARS41.

Considerazioni tecniche

Nessuna specifica.

Disfunzione ventricolare sinistra

Razionale

Non c’è un razionale specifico per l’impianto dei BRS in questo sottogruppo di pazienti. È necessaria una valutazione caso per caso del rapporto rischio/beneficio.

Evidenze

La frazione di eiezione del ventricolo sinistro <30% rappresentava un criterio di esclusione nei principali trial clinici. In un registro multicentrico “all-comers” la ridotta frazione di eiezione del ventricolo sinistro era significativamente associata ad una maggiore probabilità di trombosi di scaffold42.

Considerazioni tecniche

L’impianto di un BRS segue teoricamente le raccomandazioni che sono valide in pazienti con normale funzione ventricolare sinistra. Tuttavia, sembra ragionevole sostenere particolare attenzione quando il BRS deve essere impiantato in una lesione prossimale e considerare che il gonfiaggio prolungato può più facilmente causare ischemia e instabilità emodinamica. Impianto di BRS tendenzialmente da evitare in pazienti con indicazione a terapia anticoagulante orale, per la necessità di triplice terapia per 12 mesi.

SCENARI ANATOMICI

Lesioni semplici

Razionale ed evidenze

La valutazione iniziale della tecnologia BVS è stata fatta nelle lesioni semplici, per le quali sono ormai disponibili solide evidenze da trial randomizzati15-17. Inoltre, i pochi dati disponibili sui risultati dei BRS a lungo termine si riferiscono ai risultati dello studio ABSORB Coorte A e B e al registro ABSORB EXTEND43-45. Pertanto, l’uso del BRS deve essere considerato assolutamente appropriato per lesioni con le seguenti caratteristiche: lesioni de novo; diametro 2.5-3.75 mm; lunghezza massima 24 mm; un solo “overlap”; massimo 2 lesioni in vasi epicardici diversi.

Lesioni lunghe/diffuse

Razionale

La presenza di un’arteria diffusamente malata è un reperto non infrequente nella pratica quotidiana. La lunghezza di una lesione è uno dei componenti principali del burden di placca, ed è stata costantemente associata ad un elevato rischio di TLF, plausibilmente come conseguenza di una combinazione di fattori meccanici e biologici. I fattori meccanici sono relativi agli aspetti tecnici della procedura, quelli biologici riguardano l’interazione tra parete vascolare e piattaforma metallica degli stent. In questo scenario, oggetto di specifica attenzione da parte dello studio IT-DISAPPEARS41, sembra ragionevole sostenere l’uso della tecnologia BRS come valida alternativa all’attuale generazione di DES. Nella misura in cui venga utilizzata una tecnica di impianto che riduca al minimo i rischi periprocedurali, anziché avere un “full metal jacket” che è notoriamente associato ad un outcome avverso, dopo il riassorbimento dei BRS la parete arteriosa dovrebbe avere una fisiologia ripristinata o comunque migliore senza nessuna ulteriore interazione con un allotrapianto.

Evidenze

Come per altre tipologie di lesioni complesse, le evidenze sono ancora molto limitate. Un registro multicentrico ha recentemente confrontato i dati di 162 pazienti trattati con BRS in “overlap” con 162 pazienti appaiati per propensity score trattati con DES di seconda generazione. L’endpoint primario (DOCE) era sostanzialmente sovrapponibile nei due gruppi (5.6% BRS vs 7.4% DES, hazard ratio 0.79, intervallo di confidenza 95% 0.37-3.55, p=0.6), così come l’incidenza di trombosi di stent o scaffold (1.2% BRS vs 1.9% DES, p=0.6), al prezzo di tempi procedurali più lunghi, maggior impiego di tecniche di imaging e maggiore incidenza di danno miocardio periprocedurale46.

Considerazioni tecniche

Il trattamento di una lesione lunga in un’arteria diffusamente malata pone difficoltà specifiche. La copertura di lunghi tratti vascolari con BRS può compromettere il flusso ematico in piccoli collaterali e rendere difficoltoso l’accesso a collaterali maggiori. È necessario eseguire inflazioni multiple e prolungate con palloni non complianti sia prima del rilascio dei BRS, per preparare bene la lesione e rendere più agevole l’avanzamento dei dispositivi, sia dopo, per garantire un’apposizione parietale ottimale lungo tutto il segmento trattato. La necessità di eseguire “overlapping” dei BRS presenta specifiche problematiche tecniche e la conoscenza meticolosa delle caratteristiche degli scaffold.

Vasi di piccolo calibro

Razionale

I vasi di piccolo calibro angiografico rappresentano una situazione ad aumentato rischio di restenosi sia per i BMS che per i DES. Vasi di piccolo calibro sono molto frequenti nei diabetici, in associazione a patologia diffusa e multivasale. Va da sé che una rivascolarizzazione con BMS spesso comporta un’estesa “metallizzazione” delle coronarie che non è molto desiderabile, anche nella prospettiva di un fallimento con necessità di futura rivascolarizzazione chirurgica. Inoltre, i segmenti medio-distali delle coronarie presentano spesso un calibro ridotto e sono proprio quei segmenti di interesse cardiochirurgico in caso di fallimento della rivascolarizzazione percutanea.

Evidenze

La definizione di “vaso di piccolo calibro” presenta una certa variabilità negli studi clinici. Questa variabilità è particolarmente rilevante per i BRS. Lesioni di diametro 2.5-2.75 mm sono state incluse nei principali trial randomizzati ed i risultati generali di questi trial applicano sostanzialmente anche a questo sottoinsieme. Una analisi dello studio ABSORB Cohort B in piccoli vasi, documentava a 2 anni buoni risultati clinici e un rimodellamento positivo del vaso47. Di recente, un registro multicentrico italiano ha documentato sicurezza ed efficacia dei BRS in lesioni <2.75 mm di diametro, tutte trattate con dispositivi 2.5 mm, con complessità anatomica elevata48. Nel trial ABSORB III, il 19% dei pazienti aveva un diametro di riferimento angiografico <2.25 mm e questo si associava ad un’elevata incidenza di TLF (12.9% BRS vs 8.3% EES) e trombosi di stent (4.6% vs 1.5% EES)15.

Considerazioni tecniche

L’importante ingombro endoluminale dei BRS attuali impone accorgimenti tecnici che minimizzino la probabilità di sottoespansione dei dispositivi. È pertanto fondamentale eseguire una buona preparazione della lesione ed evitare lesioni calcifiche.

Tronco comune

Razionale

Numerosi trial clinici hanno dimostrato che nelle lesioni del tronco comune con SYNTAX score basso/intermedio (≤32), l’uso dei DES al posto del bypass aortocoronarico è fattibile sia in termini di sicurezza che di efficacia a lungo termine49. Il sovvertimento del vecchio paradigma legato all’utilizzo esclusivo del bypass aortocoronarico nelle lesioni del tronco comune ha introdotto una nuova problematica legata alla presenza permanente di un corpo estraneo anche dopo la guarigione del vaso, condizione che causa più di un 2% all’anno di fallimento del vaso target. L’uso dei BVS di fatto eliminerebbe tale tipo di problematica rappresentando allo stato attuale un potente razionale all’utilizzo7.

Evidenze

L’uso dei BVS per il trattamento delle lesioni del tronco comune non è stato studiato in maniera approfondita. I dati disponibili, aneddotici, derivano da casi clinici o da registri con numerosità limitata e con follow-up breve.

Considerazioni tecniche

I BVS attualmente disponibili presentano una serie di limiti che ne precludono l’uso allargato in tutte le lesioni del tronco comune:

• sono stati individuati dei limiti di dilatazione oltre i quali vi è un teorico rischio di rottura dello scaffold con potenziali complicanze gravi. La dimensione di scaffold più larga disponibile è di 3.5 mm con un limite massimo di post-dilatazione fino a 4 mm. Tale valore di diametro rappresenta una parte minoritaria di tronchi comuni;

• la dilatazione degli “strut” nel ramo collaterale (arteria circonflessa) con palloni >2.5 mm potrebbe determinare una rottura dello scaffold con una probabilità più alta se eseguita in “kissing”, più bassa se in gonfiaggio singolo, che è quindi consigliato con dilatazione progressiva per l’apertura dello “strut” verso il ramo collaterale;

• la forza radiale potrebbe essere insufficiente per le lesioni ostiali, soprattutto in presenza di calcificazioni.

Occorre pertanto adottare alcuni importanti accorgimenti tecnici50: 1) necessità di eseguire un “sizing” corretto mediante una valutazione invasive con metodiche di imaging per ridurre la probabilità di malapposizione acuta e tardiva. Anche se il lume vasale è più largo di 4 mm, ma il burden di placca a seguito della pre-dilatazione (preparazione della lesione) determina un diametro luminale ≤4.0 mm, può essere considerato un BVS51; 2) particolare attenzione nel trattamento delle lesioni ostiali, più soggette a “recoil” per le proprietà fibroelastiche della parete aortica e l’aumentata presenza di calcio; 3) preparazione ottimale della lesione; 4) il “provisional stenting” è raccomandato, con “kissing balloon” finale solo quando strettamente necessario; 5) in caso di crossover T o TAP è preferibile un approccio ibrido con DES nel ramo collaterale per la maggiore sicurezza all’esecuzione del “crush”; 6) per angoli di biforcazione elevati la tecnica a T è fattibile con doppio scaffold.

Biforcazioni

Razionale

Il trattamento delle biforcazioni con DES continua a rappresentare una sfida terapeutica per la cardiologia interventistica, poiché gravato da un’incidenza aumentata di restenosi e/o compromissione del ramo collaterale, soprattutto nei casi di anatomia complessa e necessità di doppio stenting. Un certo grado di distorsione dello stent del ramo principale avviene quasi sempre, anche nei casi di “provisional stenting”. Inoltre, la struttura metallica rappresenta un ostacolo permanente al flusso sanguigno del ramo secondario e un potenziale trigger di processi di restenosi, anche dopo procedure con risultato ottimale. La protrusione di alcune maglie metalliche nel lume è riscontrabile in vario grado sia nel ramo principale che nel secondario dopo procedure di doppio stenting. Il trattamento delle biforcazioni con BRS è promettente perché potenzialmente in grado di ovviare nel tempo a molti di questi problemi, in primis la compromissione permanente del ramo collaterale.

Evidenze

Il trattamento delle biforcazioni con diametro del ramo collaterale ≥2 mm non era consentita nei principali trial clinici sui BRS ed è espressamente sconsigliata nelle istruzioni d’uso dei BVS, a causa delle possibili distorsioni e danneggiamenti provocati dalla dilatazione attraverso le celle dello scaffold. Questa ipotesi era corroborata da alcuni report di “bench testing” indipendenti51-53. Pochi dati sono disponibili in letteratura su questo specifico sottogruppo di lesioni. Nell’AMC Single Centre Real World PCI Registry di Amsterdam, il 15% dei pazienti ha ricevuto un BRS su biforcazione, con diverse metodiche. L’unica informazione desumibile da questo registro era però una restenosi con necessità di rivascolarizzazione in entrambi i pazienti trattati con tecnica “culotte” combinata BVS e Tryton stent54. Un’analisi interessante è stata condotta su 149 pazienti trattati con BVS e coinvolgente 346 vasi collaterali, di cui 63 risultavano ≥2 mm55. Questi ultimi erano trattati con protezione del collaterale con guida e dilatazione attraverso lo scaffold in caso di compromissione del flusso. La copertura del ramo collaterale ha provocato un’occlusione nel 9% dei casi, 5.5% considerando solo vasi >1 mm, e un solo caso in quelli di calibro ≥2 mm. La dilatazione attraverso lo scaffold verso il ramo collaterale era raccomandata con palloni <2.5 mm e ad un massimo di 8 atm.

Considerazioni tecniche

Il trattamento delle biforcazioni con BRS deve tenere in considerazione alcuni fattori aggiuntivi. Nel “sizing” del dispositivo bisogna essere in grado di bilanciare il rischio di malapposizione o sottodimensionamento nella porzione prossimale, più larga, e i rischi di dissezione o sovradistensione/rottura dello scaffold nella porzione distale più piccola. Il “recrossing” con la guida verso il ramo collaterale può essere più difficoltoso. È utile evitare guide polimeriche, anche se questo è controintuitivo, in quanto aumentano l’adesione con le maglie dello scaffold. La dilatazione attraverso lo scaffold va eseguita con palloni <2.5 mm a un massimo di 8 atm e terminare con POT. È raccomandabile preferire la tecnica di “provisional stenting” del ramo collaterale ed evitare tecniche complesse (culotte, crush, ecc.). Se fosse necessario trattare il ramo collaterale, è possibile impiantare un secondo scaffold con tecnica a T (per angoli ampi), mentre per angoli più acuti è preferibile usare un DES.

Occlusioni coronariche croniche

Razionale

I potenziali vantaggi dell’utilizzo di BVS nelle occlusioni coronariche croniche totali (CTO) si basano su due aspetti in particolare: il primo è rappresentato dal fatto che l’utilizzo di DES nelle CTO, sebbene efficace56, si associa ad un’elevata incidenza di malapposizione tardiva57, il secondo è che la lunghezza media di segmenti trattati con stent nelle CTO è elevata58. La potenziale eliminazione di malapposizione tardiva e di lunghi segmenti permanentemente coperti da metallo sono prospettive che rendono l’utilizzo dei BVS attraente in questo sottogruppo di lesioni.

Evidenze

Lo studio ABSORB-CTO ha prospetticamente analizzato 35 CTO trattate con PCI ed impianto di BVS59. Il follow-up, che comprendeva una valutazione con tomografia computerizzata coronarica a 6 mesi e un controllo angiografico con OCT a 1 anno, ha documentato 2 casi di restenosi e nessuna trombosi intra-stent. L’analisi OCT a 1 anno ha mostrato che il 94% delle maglie degli scaffold erano endotelizzate ed apposte. Un altro lavoro, focalizzato sull’analisi tomografica a 6 mesi dall’angioplastica di 42 pazienti con 46 CTO trattate con BVS, ha dimostrato due riocclusioni e una restenosi focale. Clinicamente ciò si è tradotto in un tasso di rivascolarizzazione della lesione target del 4.8% a 13 mesi60. Le numerosità limitate di entrambi gli studi e il loro carattere osservazionale non permettono di trarre conclusioni adeguate circa la sicurezza e l’efficacia dei BVS in questo sottogruppo.

Considerazioni tecniche

L’impianto dei BVS in corso di PCI per CTO deve essere effettuato seguendo le raccomandazioni abituali. L’utilizzo dell’imaging intracoronarico è fortemente raccomandato. Sebbene le CTO siano lesioni complesse non sono stati riportati problemi di rilascio dei BVS, anche perché si utilizzano solitamente cateteri ad ampio lume (≥7 Fr) che garantiscono un elevato supporto. La post-dilatazione è sempre obbligatoria, e particolare attenzione andrà prestata alle zone di “overlap”. Come per i DES, è sconsigliato trattare i segmenti distali, che sono spesso oggetto di rimodellamento negativo, quindi reversibile61.

Restenosi intra-stent

Razionale

Il principale vantaggio teorico dell’utilizzo dei BVS per il trattamento della restenosi intra-stent consiste nell’evitare multipli strati di metallo permanente.

Evidenze

Diversi casi clinici hanno descritto l’utilizzo dei BVS nel trattamento della restenosi intra-stent62,63. Nella maggior parte dei casi sono state utilizzate metodiche di imaging intravascolare. La casistica più ampia è rappresentata da uno studio osservazionale multicentrico che ha raccolto i risultati relativi a 90 restenosi intra-stent trattate con BVS. Le caratteristiche delle restenosi intra-stent erano variabili, con il 64% diffuse e il 36% ricorrenti. Il follow-up mediano a 7 mesi ha mostrato un tasso di rivascolarizzazione della lesione target del 7.7% e un caso di trombosi di BVS definita secondo i criteri del Valve Academic Research Consortium (VARC), con un tasso complessivo di eventi cardiaci avversi maggiori del 12%64. Questi dati sono in linea con quelli di altri lavori che hanno valutato l’efficacia di DES o DEB per il trattamento della restenosi intra-stent65. Sebbene incoraggianti, questi risultati sono limitati dalla natura osservazionale del lavoro e dal limitato follow-up.

Considerazioni tecniche

In questo sottogruppo di lesioni è fortemente raccomandato l’utilizzo dell’imaging intracoronarico, non solo per ottimizzare il posizionamento del BVS, ma anche e soprattutto per identificare eventuali cause meccaniche di restenosi (sottoespansione o malapposizione dello stent) o la natura della restenosi (iperplasia intimale o neoaterosclerosi). L’impianto del BVS deve essere effettuato una volta eliminate le possibili cause meccaniche di restenosi e particolare attenzione andrà dedicata alla preparazione della lesione con l’utilizzo di palloni non complianti e/o scoring o “cutting balloon”. La lunghezza del tratto da coprire con il BVS dovrebbe dipendere dalle caratteristiche della restenosi intra-stent. La post-dilatazione con palloni non complianti è sempre raccomandata. Particolare attenzione dovrà essere posta nel caso di trattamento di restenosi in vasi piccoli, specialmente se già trattati con stent-in-stent. In questo caso, infatti, l’ingombro delle maglie dello scaffold potrebbe significativamente ridurre l’area luminale residua.

Bypass aortocoronarico

Razionale

L’angioplastica con stent su bypass venosi comporta un aumentato rischio di infarto periprocedurale e risultati a distanza inferiori rispetto all’angioplastica su coronarie native66. Non vi è un dispositivo ideale per il trattamento percutaneo dei graft. I BRS possono essere testati anche in questo contesto, considerando che la patologia è spesso diffusa. Naturalmente il concetto di VRT in questo ambito è tutto da dimostrare e non affiancato da molti presupposti teorici.

Evidenze

Alcuni casi clinici descrivono l’utilizzo di BVS in lesioni su bypass. Due casi riguardano stenosi di graft venosi67,68, un caso riguarda un insuccesso in acuto di una mammaria interna all’anastomosi con l’arteria interventricolare anteriore69. Recentemente sono stati pubblicati i dati di un sottogruppo del registro OCTOPUS, che ha raccolto il follow-up di 6 pazienti trattati con BVS per stenosi de novo di graft venosi70. A 1 anno non vi sono stati problemi clinici in nessuno dei 6 pazienti trattati. I dati sono comunque insufficienti per trarre qualsiasi tipo di conclusione.

Considerazioni tecniche

Da un punto di vista speculativo si possono comunque immaginare tre scenari:

1. trattamento di graft venosi degenerati: si raccomanda l’utilizzo di sistemi di protezione distale, pre-dilatazione e post-dilatazione sono sempre raccomandate, sebbene possano aumentare il rischio di “no-reflow”;

2. trattamento di graft arteriosi: si raccomanda di utilizzare il BVS secondo le istruzioni d’uso standard, non vi sono particolari accorgimenti se non una particolare attenzione alla navigazione attraverso condotti arteriosi tortuosi e una forte raccomandazione per l’utilizzo di imaging soprattutto al fine di comprendere i meccanismi di un fallimento di graft arterioso, evenienza estremamente rara;

3. trattamento delle anastomosi con i vasi nativi: occorre prestare particolare attenzione alla discrepanza di calibro tra il vaso nativo e il bypass, che, soprattutto nel caso di graft venosi, potrebbe essere >0.5 mm ed essere quindi una controindicazione all’utilizzo di BVS.

BVS in lesioni aorto-ostiali

Razionale

L’angioplastica con DES delle lesioni aorto-ostiali è associata a un aumentato tasso di restenosi rispetto alle lesioni non ostiali71. Una delle difficoltà del trattamento delle lesioni aorto-ostiali è l’ottimale posizionamento dello stent72. Un’accurata angioplastica dell’ostio comporta una parziale protrusione delle maglie dello stent all’interno del lume aortico, situazione che può rendere a volte difficile una successiva incannulazione della coronaria. L’utilizzo dei BVS potrebbe eliminare questo problema nel lungo periodo.

Evidenze

Non vi sono evidenze specifiche sulle lesioni aorto-ostiali. Un sottostudio del registro GHOST-EU ha analizzato l’outcome in 84 pazienti con lesioni ostiali (di cui solo il 16% aorto-ostiali, all’origine della coronaria destra), confrontandolo con quello di pazienti con lesioni non ostiali73. L’outcome complessivo delle lesioni ostiali è stato caratterizzato da un aumentato tasso di trombosi di scaffold rispetto alle lesioni non ostiali (4.9%) e la localizzazione ostiale si è dimostrata un predittore indipendente di eventi avversi. La recente pubblicazione dei risultati di un registro multicentrico ha dimostrato un’associazione indipendente tra localizzazione ostiale e trombosi dello scaffold. Anche in questo caso non si trattava unicamente di lesioni aorto-ostiali. Tra le possibili cause di questa associazione gli autori contemplano: a) l’insufficiente forza radiale del BVS per questo tipo di lesioni, con una sottoespansione dello scaffold che può verificarsi acutamente o tardivamente, in particolare durante le fasi di degradazione del polimero; e b) la possibile inadeguata apposizione dovuta all’eccessivo diametro degli osti coronarici42.

Considerazioni tecniche

Le lesioni aorto-ostiali sono spesso calcifiche ed eccentriche74, inoltre vi è un ruolo importante delle fibre muscolari aortiche nel determinare il meccanismo di stenosi75. Queste lesioni causano più spesso un “recoil” acuto e rendono pertanto necessario l’utilizzo di dispositivi con elevata forza radiale. Inoltre le vere dimensioni dell’ostio coronarico spesso superano i 4 mm di diametro. Infine un’adeguata espansione dello stent/scaffold nel suo segmento prossimale dovrebbe essere ottenuta mediante “flaring” con palloni sovradimensionati gonfiati ad elevate atmosfere. Tutte queste osservazioni sconsigliano l’utilizzo dei BVS attuali nelle lesioni aorto-ostiali.

Dissezione coronarica spontanea

Uno scenario assolutamente interessante almeno dal punto di vista teorico è l’impiego di BVS nella dissezione coronarica spontanea, che spesso si manifesta con SCA in pazienti giovani senza rilevante malattia aterosclerotica coronarica. Il trattamento ottimale è tuttora oggetto di dibattito. A causa dell’estensione spesso molto importante della patologia, i BVS hanno un fortissimo razionale alla luce del loro carattere non permanente e della capacità di ripristino della vasomotilità, elemento particolarmente importante poiché la guarigione è parte della storia naturale di questa patologia76-79. Valgono naturalmente per il trattamento le indicazioni e tutti gli accorgimenti tecnici necessari anche per il trattamento con BMS.

MODALITÀ SPECIFICA DI IMPIANTO DI ABSORB BVS

La necessità di standardizzare le modalità di impianto del BVS deriva dalla relazione osservata da molti operatori esperti tra tecnica di impianto e successivi risultati clinici13,15,42. Complessivamente, le specifiche accortezze indispensabili nella preparazione del vaso pre-impianto, nel rilascio del dispositivo e nell’ottimizzazione dell’impianto configurano nel caso dei BVS una sorta di “super-angioplastica”.

Considerazioni pre-procedurali

L’impianto di BVS richiede un’attenta pianificazione: considerando l’ingombro del dispositivo e la sua ridotta navigabilità, dovuti allo spessore degli “strut” e alle caratteristiche fisiche del materiale plastico di cui lo scaffold è composto, è necessario fare un’adeguata valutazione della necessità di supporto per l’impianto, che si rifletterà sulla scelta del catetere e del filo guida. Generalmente è sufficiente un catetere guida 6 Fr per qualsiasi calibro di BVS, ma è possibile che si renda necessario posizionare un catetere di calibro superiore se si pianificano tecniche più complesse che ad esempio richiedano la contemporanea presenza di un pallone in ramo collaterale, in particolare qualora siano utilizzati BVS di calibro 3.0 o 3.5 mm.

Una corretta interpretazione ed analisi della lesione e del vaso target è di fondamentale importanza. In particolare, è essenziale una corretta stima del calibro di riferimento del vaso per la successiva scelta del BVS. A tale fine, si suggerisce l’impiego di nitroglicerina intracoronarica (100-200 µg) prima dell’acquisizione delle immagini, soprattutto in caso di SCA, quando fenomeni locali possono aumentare il rischio di vasospasmo diffuso.

È raccomandato l’utilizzo del BVS solo per vasi di diametro ≥2.5 mm e ≤3.75 mm. Al di fuori di questo intervallo, è sconsigliato l’utilizzo del BVS. Al fine di prevenire l’impianto erroneo del BVS in vasi di calibro <2.5 mm, nei piccoli vasi (calibro ≤2.75 mm stimato visivamente) è fortemente raccomandato l’utilizzo dell’angiografia coronarica quantitativa o dell’imaging intravascolare (OCT o ecografia intravascolare) per confermare il calibro >2.5 mm prima dell’eventuale impianto di un BVS. Inoltre, l’impiego dell’imaging intravascolare è fortemente raccomandato nei seguenti casi:

– dubbi sulle caratteristiche della parete vascolare dopo angiografia;

– corretta interpretazione della quantità e distribuzione del calcio nella parete vascolare;

– necessità di ulteriori informazioni per la scelta delle dimensioni del BVS.

L’impiego dell’ecografia intravascolare piuttosto che di analisi con OCT dovrebbe basarsi sull’esperienza specifica dell’operatore.

Preparazione della lesione

“Non è una semplice pre-dilatazione”

Il Panel ritiene mandatoria la preparazione di tutte le lesioni in cui si voglia impiantare uno o più BVS. Tale preparazione, che potrà avere caratteristiche variabili in base alle caratteristiche della lesione, ha come obiettivo quello di ottenere un risultato angiografico idealmente “stent-like” e perlomeno con una stenosi residua <30%. A questo scopo, risulta di assoluta importanza predilatare la lesione possibilmente con pallone non compliante, al fine di esercitare una pressione omogenea e controllata sulla parete vasale e di osservare il comportamento della lesione quando sottoposta a dilatazioni controllate ad alte atmosfere. Si suggerisce di preparare la lesione per una lunghezza leggermente inferiore a quella dello scaffold che si vuole impiantare, e con pallone di diametro in rapporto 1:1 rispetto al calibro di riferimento del vaso. È di fondamentale importanza analizzare il risultato della preparazione della lesione prima di impiantare lo scaffold: in caso di persistenza di lesione con stenosi >30%, può essere opportuno procedere con pre-dilatazioni più aggressive. Nel caso di impossibilità a ottenere un’efficace pre-dilatazione andrà riconsiderata l’opportuna di impiantare un DES. Allo stesso modo, in caso di lesioni fortemente calcifiche è opportuno considerare l’opportunità di impiegare un DES al posto di un BVS.

Scelta dello scaffold

Alla luce dei limiti intrinseci della piattaforma, in particolare in termini di post-espansione, è di fondamentale importanza scegliere con accuratezza il calibro del BVS da impiantare. In effetti, sia la sottoespansione che la sovraespansione degli scaffold sono correlate a un aumento degli eventi avversi, la prima per il rischio di malapposizione, la seconda per il rischio di fratture del PLLA. Pertanto, si raccomanda di scegliere uno scaffold di dimensioni nominali rispetto al diametro di riferimento del vaso (1:1), dopo attenta valutazione angiografica o, nel dubbio, mediante imaging intravascolare.

Rilascio dello scaffold

Dato il maggior ingombro dagli scaffold attualmente a disposizione rispetto ai DES di ultima generazione e la conseguente minore navigabilità dell’intero sistema all’interno della coronaria, è possibile che si incontrino maggiori difficoltà a raggiungere la lesione target. In tale caso, è consigliabile non esercitare un’eccessiva pressione che potrebbe determinare il decrimpaggio o il danneggiamento del dispositivo. Inoltre, si consiglia un tempo limite di 2 min tra l’inserimento dello scaffold nel catetere guida e il suo rilascio. In caso contrario, e in tutti i casi in cui lo scaffold venga rimosso dal filo guida dopo un iniziale tentativo di posizionamento in coronaria, si consiglia di sostituirlo, dal momento che il materiale plastico a contatto prolungato con la temperatura corporea potrebbe subire modifiche strutturali e danni che non ne garantirebbero l’integrità.

Una volta raggiunta la lesione, si consiglia un gonfiaggio lento con step di 4-5 s ogni 2 atm, fino a pressione nominale o leggermente superiore, e comunque ≤10 atm. Infatti, il palloncino su cui è montato attualmente il BVS è caratterizzato da elevata complianza, per cui il gonfiaggio a pressioni sovranominali rischia di danneggiare il vaso al margine prossimale e/o distale, creando dissezioni che potrebbero richiedere un ulteriore impianto di scaffold o di DES. Per limitare il rischio di fratture a carico degli “strut” del BVS, è particolarmente importante un lento gonfiaggio fino a evidenza radiologica dell’avvenuta espansione del pallone su cui il BVS è montato, che si verifica generalmente raggiunte le 4 atm circa. Raggiunta la pressione finale desiderata, si consiglia di mantenere il palloncino gonfio per almeno 20 s.

Ottimizzazione dell’impianto o post-apposizione

“Non è una semplice post-dilatazione”

Nel caso dei BVS appare più appropriato parlare di “post-apposizione” piuttosto che di post-dilatazione, poiché essa ha il fine di garantire una completa e uniforme espansione dello scaffold ed apposizione alla parete vascolare, riducendo al minimo il rischio di malapposizioni acute. Inoltre, si deve limitare al massimo uno stress inappropriato localizzato a singoli segmenti, per ridurre il rischio di fratture. Il palloncino di scelta è quello non compliante di lunghezza di poco inferiore allo scaffold, e che deve essere impiegato ad alte pressioni con gonfiaggio non troppo repentino, fino a un limite massimo di 0.5 mm oltre il diametro nominale dello scaffold. Il gonfiaggio del pallone non compliante deve avvenire lentamente (es. si dovrebbero impiegare almeno 10 s per raggiungere la pressione desiderata). In caso di dubbi riguardo all’apposizione dello scaffold dopo i controlli angiografici, si raccomanda l’impiego di imaging intracoronarico.

Nel caso sia necessario ricorrere all’impianto di più scaffold in contiguità, sia per trattare una lesione più lunga dello scaffold che per coprire eventuali dissezioni residue, è possibile ricorrere all’“overlap” di più dispositivi. Tra le varie tecniche proposte ad oggi, si raccomanda l’impiego di quella “marker-to-marker”, che minimizza la sovrapposizione longitudinale delle maglie la cui somma in “overlap” ammonta a 200 o 300 μ (in relazione l’utilizzo o meno di BVS ABSORB GT1 che presenta maglie dello spessore di 100 μ), ben più spesse di quelle dei DES. Si rammenta che la distanza tra il marker del palloncino e quello del BVS è di circa 1 mm, e che la distanza tra l’inizio dello scaffold e il marker prossimale è di 0.7 mm, pertanto il Panel sconsiglia la già descritta tecnica del “marker-over-marker” per limitare la sovrapposizione di “strut” che potrebbe arrivare a 2 mm e di 0.3 mm in termini di ingombro del lume. Si sconsiglia infine la tecnica del “marker-inside-marker” per ovvi motivi di eccessiva sovrapposizione. In caso sia necessario lasciare uno spazio tra due BVS contigui o questo evento sia accidentale, il Panel non ritiene che questo “gap” possa causare particolari problemi, se limitato a 1-2 mm.

3. TERAPIA ANTIAGGREGANTE PIASTRINICA NEL PAZIENTE TRATTATO CON ABSORB BVS

La durata ottimale della DAPT dopo impianto di un qualsiasi stent, sia convenzionale che riassorbibile, non è ancora stata chiaramente definita. In pazienti con coronaropatia stabile, le più recenti linee guida europee sulla rivascolarizzazione miocardica raccomandano la doppia antiaggregazione per 6 mesi dopo l’impianto di DES (classe I B)80. Tuttavia, le stesse linee guida suggeriscono la possibilità di ridurne la durata della DAPT in pazienti ad alto rischio emorragico (classe IIb A) e di prolungare oltre i 6 mesi nei pazienti ad alto rischio ischemico e basso rischio di sanguinamento (classe IIb C)81. In pazienti con SCA, le linee guida raccomandano di continuare la DAPT per 12 mesi, a prescindere dalla strategia di trattamento, a meno che non vi siano controindicazioni legate all’alto rischio emorragico82. Queste ultime linee guida suggeriscono anche che l’opzione di continuare la DAPT oltre i 12 mesi potrebbe essere considerata in pazienti ad elevato rischio ischemico e basso rischio emorragico (classe IIb A). Applicando le indicazioni delle linee guida sui DES permanenti, negli studi con Absorb è stata stabilita una durata minima di 6 o 12 mesi, con una conseguente ampia disomogeneità nella durata della DAPT prescritta ai pazienti, ed una considerevole proporzione di casi in cui la terapia antiaggregante è stata continuata oltre 12 mesi.

Nei registri “real world” di Absorb, nella maggior parte dei casi, la DAPT è stata prescritta per almeno 12 mesi, rappresentando la strategia più comunemente adottata nella pratica clinica.

In mancanza di studi dedicati, i dati disponibili che possono contribuire a stimare indirettamente la durata della DAPT dopo impianto di Absorb includono quelli riguardanti il grado di copertura degli “strut” e l’associazione fra trombosi molto tardiva dello scaffold e sospensione della DAPT.

Copertura degli “strut”

La presenza di “strut” non ricoperti da neointima al follow-up evidenziata mediante OCT è stata associata alla trombosi tardiva dopo l’impianto di BMS convenzionali82. Anche per i BVS sono stati riportati casi di trombosi molto tardiva in cui l’OCT ha evidenziato la mancata copertura degli strut83-85.

Non sono attualmente disponibili dati sulla copertura precoce (<6 mesi) dello scaffold, mentre sono stati riportati dati sulla copertura dello scaffold a 6 mesi e 12 mesi, anche in studi che hanno confrontato Absorb con Xience86-88. In particolare, un’analisi OCT su 25 pazienti della Coorte B1 del trial ABSORB ha evidenziato che la copertura dell’Absorb 6 mesi dopo l’impianto è del 98% negli “strut” ben apposti, del 68.7% in quelli non apposti e del 71.4% in quelli sovrastanti l’ostio di un ramo collaterale86. Nel trial ABSORB STEMI TROFI II in cui 191 pazienti con STEMI sono stati selezionati da un totale di 2005 pazienti ammessi per angioplastica primaria e sono stati randomizzati a ricevere Absorb o stent Xience per il trattamento della lesione colpevole, l’OCT ha mostrato una copertura quasi completa (99%) sia degli “strut” dello scaffold sia di quelli metallici30. In un ulteriore studio che ha confrontato la risposta neointimale ad 1 anno tra Absorb (31 lesioni) e Xience (19 lesioni) in pazienti stabili trattati con singolo stent, l’OCT ha mostrato una simile proporzione di “strut” non ricoperti (4.5 vs 5.3%, p=011), ma una maggiore frequenza di masse intraluminali nell’Absorb87.

Un recente studio OCT con Absorb BVS ha dimostrato un’associazione inversa tra i livelli di “shear stress” endoteliale basale e lo spessore della copertura neointimale ad 1 anno di distanza dall’impianto dello scaffold88. Questa osservazione suggerisce che in aree con elevato “shear stress” (come tortuosità, biforcazioni, angolazioni eccessive) la riendotelizzazione dello scaffold potrebbe essere ritardata.

Modelli preclinici di Absorb BVS hanno documentato un ritardo di copertura degli “strut” dello scaffold rispetto a quelli dello stent Xience V in sede di “overlapping”89. In particolare, la percentuale di copertura degli “strut” nel sito di sovrapposizione è stata più bassa nell’Absorb (80.1%) rispetto allo Xience (99.4%) a 30 giorni, mentre era quasi completa (99.5%) a 90 giorni, corrispondenti a circa 18 mesi nell’uomo89.

In considerazione dei dati sulla copertura degli “strut” dello scaffold sopradescritti, un periodo di almeno 6 mesi di DAPT orale dopo l’impianto potrebbe essere sufficiente in pazienti selezionati, con cardiopatia cronica stabile, con lesioni semplici, non calcifiche e senza “overlapping”. Dall’altro lato, un periodo oltre i 12 mesi (es. 24 mesi) di doppia antiaggregazione potrebbe essere più adeguato nei pazienti con lesioni complesse, “overlapping” o biforcazioni.

Trombosi molto tardiva dello scaffold dopo sospensione della duplice terapia antiaggregante piastrinica

I dati sull’incidenza della trombosi molto tardiva (oltre i 12 mesi) dello scaffold sono ancora scarsi e prevalentemente sono limitati agli studi con pazienti selezionati non complessi. Da questi pochi dati è emerso un incremento della trombosi dello scaffold oltre 1 anno di circa lo 0.6%. Tuttavia, non vi sono studi che confrontano le incidenze di trombosi molto tardiva dello scaffold in pazienti che sospendono o continuano la DAPT oltre i 12 mesi dall’impianto. Recentemente, all’EuroPCR 2016, è stata presentata un’analisi in cui l’incidenza di trombosi dello scaffold da 12 a 15 mesi in un gruppo di 547 pazienti che avevano sospeso la DAPT a 12 mesi è stata di 0.55% (3 casi, di cui 2 con “overlapping”). Tuttavia tale incidenza non è stata confrontata con quella che occorrerebbe tra i pazienti che continuano la DAPT oltre i 12 mesi. L’associazione tra trombosi e sospensione della DAPT rimane quindi al momento controversa, infatti mentre sono stati riportati dei casi di trombosi molto tardiva dello scaffold dopo la sospensione della DAPT83,90,91, sono anche stati descritti casi verificatisi durante DAPT. È importante sottolineare, che in diversi casi riportati di trombosi dello scaffold oltre i 12 mesi in cui era stata sospesa la DAPT, era presente sottoespansione e/o malapposizione e/o frattura e frequentemente si trattava di biforcazioni o di “overlapping”. Tale osservazione suggerirebbe un effetto sinergico tra la sospensione della DAPT e i meccanismi procedurali e/o strutturali, rendendo ragionevole continuare la DAPT oltre i 12 mesi in casi complessi o in quelli dove è elevata la probabilità di un’espansione e/o apposizione subottimali.

Infine, è interessante sottolineare che in letteratura sono stati riportati dei casi di trombosi molto tardiva dello scaffold in pazienti con indicazione all’anticoagulazione orale in cui erano stati sospesi sia l’aspirina che l’inibitore del recettore P2Y12, suggerendo che oltre i 12 mesi potrebbe essere opportuno continuare in associazione almeno un farmaco antipiastrinico in tali pazienti84,91,92.

Sulla base dei dati sopraesposti, il consenso del Panel è che la DAPT dopo impianto di Absorb debba essere continuata per almeno 12 mesi sia in pazienti stabili che in quelli con SCA, prolungandola oltre l’anno in presenza di “overlapping”, biforcazioni, tortuosità, angolazioni, lesioni fibrocalcifiche e risultati procedurali non ottimali. Inoltre, alla luce dei risultati del trial PEGASUS-TIMI 5493, i pazienti con infarto del miocardio e caratteristiche di alto rischio ischemico e basso rischio emorragico possono essere considerati per la continuazione della DAPT con ticagrelor 60 mg oltre i 12 mesi a prescindere dal tipo di stent impiantato, metallico convenzionale o riassorbibile.

FOLLOW-UP DOPO IMPIANTO DI BVS

Le strategie di follow-up nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione coronarica con angioplastica sono spesso eterogenee ed arbitrarie, infatti, si osserva grande variabilità tra diversi centri94-98. Il consenso di questo Panel è che la strategia di follow-up per i pazienti trattati con BVS non debba, in linea di massima, differire rispetto a quella utilizzata per i pazienti trattati con DES. Pertanto, salvo casi selezionati, il follow-up dovrà essere pianificato tenendo conto del rischio clinico di ogni singolo paziente, completezza o meno di rivascolarizzazione, rischio specifico legato alla procedura eseguita. In questo senso restano attuali le indicazioni recentemente diffuse attraverso il documento multidisciplinare (SICI-GISE, ANMCO, GICR-IACPR, SIMG) che, suddividendo i pazienti in tre gruppi in base a caratteristiche cliniche e angiografiche, propone tre diverse strategie di follow-up suggerendo specifiche tempistiche sia per visite di controllo specialistiche, esami ematici ed eventuali test di ischemia99. Appare ragionevole che il piano di follow-up possa essere modificato per ogni singolo paziente in caso di ripresa di sintomi o nuovi eventi acuti. Il Panel non ritiene opportuno pianificare controlli angiografici di routine per i pazienti trattati con BVS. Qualora si ritenga indicato, in casi selezionati sulla base dell’outcome procedurale immediato e il successivo follow-up, eseguire un controllo angiografico dobbiamo tener conto che l’angio-tomografia rappresenta una valida alternativa alla coronarografia. A differenza dalla piattaforma metallica di DES e BMS, la struttura in PLLA che costituisce il BVS, essendo radiatrasparente, permette un’ottima visualizzazione del lume coronarico anche nei segmenti trattati, consentendo di valutarne la pervietà e l’eventuale restenosi intra-scaffold43,100. Inoltre le nuove macchine con tecnologia “dual source” permettono l’esecuzione dell’angio-tomografia coronarica con protocolli a bassissima dose radiante, aspetto di notevole rilevanza soprattutto per i pazienti più giovani101.

In caso di BVS “failure” nel corso del follow-up, riteniamo di notevole importanza l’utilizzo di imaging intracoronarico con OCT o ecografia intravascolare, che permetterà di identificare con chiarezza il meccanismo sottostante la “failure” permettendo di distinguere tra trombosi, restenosi, restenosi con neoaterosclerosi, “recoil” precoce o tardivo, ecc. In alcuni casi l’imaging intracoronarico evidenzierà a posteriori errori eseguiti durante l’impianto quali “over/undersizing” dello scaffold o fratture causate da sovraespansione23,102. Inoltre, solamente l’imaging intracoronarico è in grado di fornire informazioni circa lo stato del processo di riassorbimento dello scaffold103. Le osservazioni riscontrate, oltre che confermare o smentire i reperti angiografici, permettono di ottimizzare la strategia di trattamento interventistico e la terapia medica seguente (in particolare tipo e durata della doppia antiaggregazione piastrinica).

Infine, quando un centro si trovi ad iniziare un protocollo di rivascolarizzazione percutanea con BVS, consigliamo di collezionare in modo strutturato (idealmente con database dedicato) i dati relativi al follow-up dei pazienti trattati. Questo permetterà di identificare precocemente eventuali “warning” (eccesso di lesione target, “failure” del vaso, reintervento, ecc.) correggendo di conseguenza le tecniche di impianto ed ottimizzando la selezione di pazienti e lesioni.

RIASSUNTO

Il “gold standard” nel trattamento percutaneo della coronaropatia è costituito dagli stent a rilascio di farmaco (DES). Tuttavia, i DES si associano a un rischio non trascurabile di eventi avversi a lungo termine correlati alla permanenza di un “corpo estraneo” nella parete coronarica. Inoltre, i DES comportano il “caging” permanente del vaso nativo con compromissione della normale vasomotricità oltre alla mancata possibilità di utilizzare imaging coronarico non invasivo o di impiantare successivi graft chirurgici. Al contrario, gli stent coronarici riassorbibili (bioresorbable stents, BRS) consentono di ottenere un transitorio supporto meccanico senza compromettere il successivo recupero della normale fisiologia vascolare e hanno la potenzialità di prevenire eventi avversi tardivi legati a elementi permanenti. Numerosi tipi di BRS sono stati introdotti nella pratica clinica in Europa o sono in via di sperimentazione. Tuttavia, la maggior parte dei dati clinici si riferisce a un singolo BRS, l’Absorb Bioresorbable Vascular Scaffold (Abbott Vascular, Santa Clara, CA). Nonostante la disponibilità di dati clinici incoraggianti, non sono disponibili linee guida di società internazionali sulle indicazioni all’utilizzo dei BRS nella pratica clinica.

Un panel di cardiologi esperti si è radunato sotto l’egida della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE) per discutere l’argomento e sviluppare un documento di posizione contenente raccomandazioni sull’utilizzo degli stent riassorbibili in termini di indicazioni cliniche, aspetti procedurali, trattamento farmacologico post-impianto e follow-up. Alla luce dei dati scientifici e della disponibilità nell’attuale pratica clinica italiana, il panel ha deciso unanimemente di fornire raccomandazioni specifiche per il dispositivo Absorb BVS (o semplicemente BVS). Tali raccomandazioni non si estendono necessariamente ad altri BRS, salvo laddove indicato specificamente nel testo, benché vi possano essere significative sovrapposizioni con Absorb BVS soprattutto in termini di razionale clinico.

Parole chiave. Malattia coronarica stabile; Scaffold riassorbibili; Sindrome coronarica acuta; Stent riassorbibili.

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