Terapia del diabete e rischio cardiovascolare
Edoardo Mannucci
Diabetologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze

Accade spesso di ascoltare esperti che dichiarano che, pur essendo l’iperglicemia importante per la stratificazione del rischio, il trattamento per il miglioramento del controllo glicemico non produce effetti rilevanti sull’incidenza di eventi cardiovascolari. Questa affermazione non è corretta: sebbene nessuno dei trial di intervento disponibili avesse una potenza statistica sufficiente per dimostrarlo, la riduzione dell’iperglicemia, sia nel diabete di tipo 1 che in quello di tipo 2, produce una riduzione dell’incidenza di eventi, ed in particolare di quella dell’infarto del miocardio, anche se forse in misura minore rispetto a quanto atteso.
È importante però ricordare che, contrariamente a quanto avviene per altri fattori di rischio, con la glicemia “the lower is not the better”: l’ipoglicemia, come ampiamente descritto nell’articolo di Angelo Avogaro, ha effetti decisamente negativi sull’apparato cardiovascolare. È probabile, anche se discusso, che alcuni risultati sulla mortalità cardiovascolare sfavorevoli all’intensificazione della terapia del diabete siano attribuibili, almeno in parte, all’ipoglicemia. In generale, il rischio di ipoglicemia è tanto maggiore quanto più si perseguono obiettivi glicemici prossimi alla normalità. Essendo il rischio di ipoglicemia più elevato nei pazienti più anziani e con maggiori comorbilità, una scelta oculata dei target terapeutici può essere un elemento chiave per modificare la prognosi cardiovascolare del diabete di tipo 2, come ricordato nell’articolo di Agostino Consoli e Patrizia di Fulvio. La ricerca farmaceutica ci ha messo a disposizione, negli ultimi anni, varie classi di molecole capaci di ridurre l’iperglicemia con un basso rischio di ipoglicemia; il gruppo di Giorgio Sesti, in questo Supplemento, fornisce una revisione ampia di questo argomento specifico. Contrariamente al passato, oggi è possibile, in molti soggetti, perseguire un controllo glicemico stretto senza indurre ipoglicemia. I grandi trial sull’effetto dell’intensificazione del trattamento del diabete sulle complicanze a lungo termine sono stati tutti condotti con un ampio uso di sulfaniluree e insulina, che determinano frequenti ipoglicemie; l’ingresso dei nuovi farmaci potrebbe modificare notevolmente l’impatto della terapia del diabete sugli eventi cardiovascolari.
Un ulteriore elemento da ricordare è che i farmaci per il diabete possono avere effetti (favorevoli o sfavorevoli) sul rischio cardiovascolare anche indipendentemente dalla loro azione sulla glicemia. È noto che singole molecole possono influire su alcuni fattori di rischio (aumentando o riducendo il peso, o la pressione arteriosa, ecc.); specifiche classi di farmaci, poi, hanno effetti cardiovascolari diretti (ad esempio, il blocco del precondizionamento ischemico da parte delle sulfaniluree a livello miocardico). Sebbene i grandi trial sugli effetti a lungo termine del controllo glicemico siano stati effettuati con combinazioni complesse di farmaci, è possibile – ed anche verosimile – che singole molecole o associazioni di molecole possano avere effetti diversi l’una dall’altra sul rischio cardiovascolare.
Negli ultimi anni, le autorità regolatorie hanno iniziato a richiedere, per la registrazione di nuovi farmaci per il diabete, l’esecuzione di trial di outcome cardiovascolare. Questi studi, che hanno come obiettivo primario la dimostrazione della sicurezza, vengono generalmente condotti su pazienti con pregressi eventi cardiovascolari o comunque ad altissimo rischio, spesso piuttosto diversi da quelli cui si prescrivono quegli stessi farmaci nella pratica clinica. Questo approccio, sostanzialmente corretto sul piano della sicurezza (si verifica l’effetto del farmaco nei pazienti più vulnerabili ad eventuali eventi avversi), è poco adatto alla dimostrazione di eventuali benefici terapeutici, che, in individui già molto compromessi, potrebbero essere modesti. I molti studi in corso, comunque, forniranno informazioni utili non solo sulla sicurezza cardiovascolare, ma anche su altri eventuali eventi avversi associati alle varie terapie – con il risultato, un po’ paradossale, che finiremo per avere molte più informazioni sui farmaci recenti che su quelli in commercio da molti anni.