In questo numero

processo ai grandi trial




Il rischio cardiovascolare associato al diabete mellito è immodificabile?

Le complicanze cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità nella popolazione di soggetti con diabete mellito di tipo 2. È purtroppo ben noto che il controllo dell’iperglicemia, che è l’obiettivo principale di qualsiasi strategia farmacologica in questi pazienti, non necessariamente si associa ad una prevenzione delle complicanze cardiovascolari. Diversi studi recenti, condotti in pazienti diabetici con lunga durata di malattia e pregressi eventi cardiovascolari, non hanno infatti dimostrato alcun sostanziale beneficio sugli eventi vascolari. Nuovi farmaci sono stati recentemente approvati per il trattamento del diabete di tipo 2 sulla base della loro capacità di ridurre i livelli di emoglobina glicata, ma dopo il caso eclatante del rosiglitazone, che in alcune metanalisi era stato associato ad un aumento del rischio di ischemia miocardica, è diventato necessario dimostrare che la terapia non determini un aumento del rischio cardiovascolare. Un panel di esperti fa il punto della situazione partendo da due grandi trial recentemente pubblicati, il primo (SAVOR-TIMI 53) che ha valutato la sicurezza e l’efficacia del saxagliptin rispetto al placebo in oltre 16 000 pazienti con diabete di tipo 2 ed il secondo (EXAMINE) che ha incluso oltre 5000 pazienti affetti da diabete che avevano presentato un sindrome coronarica acuta nelle settimane precedenti l’arruolamento e che non avevano raggiunto un controllo ottimale della glicemia randomizzandoli ad alogliptin o placebo. I risultati sono in un certo senso egualmente deludenti: si conferma la sicurezza dei nuovi farmaci e la loro efficacia ipoglicemizzante, ma l’obiettivo più alto, la riduzione di eventi cardiovascolari, è ancora tutta da dimostrare.  •

editoriali




L’importanza di linee guida condivise

Le ultime linee guida europee sul diabete sono state pubblicate nel 2013 e, come le precedenti del 2007, hanno il grande merito di essere state realizzate in stretta collaborazione da cardiologi e diabetologi. Rispetto al passato, cardiologi e diabetologi hanno trovato un linguaggio comune ed hanno fatto un grande sforzo di condivisione sia degli algoritmi diagnostici che di quelli terapeutici a tutto beneficio del paziente: le linee guida sono un ottimo strumento per imparare a prevenire, diagnosticare e trattare le complicanze cardiovascolari nel paziente diabetico. Come in tutte le linee guida, vengono presentate le conoscenze ormai acquisite ma anche indicati i vuoti da colmare, che riguardano soprattutto i target del controllo glicemico e gli effetti dei nuovi farmaci. Stefano Urbinati e Barbara Bordoni, cardiologi, e Roberto Miccoli, diabetologo, commentano positivamente queste linee guida e ce ne offrono una sintesi, neanche a dirlo, sostanzialmente condivisa. •

al fondo del cuore




Terapia cellulare e rigenerazione miocardica. Nell’uomo, ancora un sogno
L’obiettivo della medicina rigenerativa consiste nel rigenerare o sostituire tessuti patologici per ristabilirne la funzione. In cardiologia, gli scopi di questa strategia sono stimolare la formazione di nuovi vasi e rigenerare il tessuto miocardico contrattile, sia in un contesto di rimodellamento post-infartuale che di ischemia refrattaria. Tra le varie tipologie di cellule utilizzate, i progenitori endoteliali di origine midollare si collocano tra i più promettenti agenti terapeutici in virtù delle loro proprietà angiogenetiche anti-ischemiche. In particolare, le cellule midollari che esprimono la proteina transmembrana CD133 sono state oggetto di molti studi negli ultimi anni. In questa rassegna, Dario Bongiovanni et al. ci presentano il processo traslazionale che ha permesso l’applicazione in clinica dei progenitori endoteliali CD133+. Gli studi su modelli animali hanno dimostrato ampiamente sicurezza ed efficacia della somministrazione di progenitori CD133+ autologhi. Quanto all’applicazione in clinica di queste cellule, che ha ormai coinvolto diverse centinaia di pazienti arruolati in studi di fase I e II, i dati ad oggi disponibili suggeriscono un possibile effetto benefico in termini di sintomatologia e di perfusione, indipendente dalla via di somministrazione (intracoronarica o intramiocardica), mentre non c’è univocità sul possibile incremento della funzione ventricolare globale. •

rassegna




Imaging multimodale per la diagnosi delle aortopatie
Stefano Nistri et al., a nome dei Gruppi di Studio SIC di Anatomia e Patologia Cardiovascolare, Ecocardiografia ed Applicazione della RM, ci ricordano quanto sia importante il confronto di dati ricavati da metodiche di imaging diverse (ecocardiografia transtoracica e transesofagea, tomografia computerizzata e risonanza magnetica) nella gestione del paziente con malattie dell’aorta. È fondamentale che anche il cardiologo clinico conosca i principi generali relativi alle metodologie di acquisizione e di corretta elaborazione delle immagini, per poter diagnosticare e trattare adeguatamente i pazienti affetti da sindrome aortica acuta, che include la dissezione aortica classica, l’ematoma aortico intramurale e l’ulcera aterosclerotica penetrante dell’aorta. La sindrome aortica acuta è in genere caratterizzata clinicamente da dolore aortico ed ha una prognosi spesso sfavorevole. Ma lo spettro dei quadri clinici di presentazione dei pazienti con malattia dell’aorta è molto ampio e variabile ed include un gran numero di pazienti asintomatici, in follow-up per dilatazione o aneurisma aortico già sottoposti a trattamento (chirurgico e/o interventistico). •

position paper
Articolo del mese




Maggiori rischi per i pazienti con sindrome coronarica acuta e diabete

Questo documento di Roberta Rossini et al. è il frutto di un lavoro condiviso da parte di esperti identificati dalle Sezioni Lombarde dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, della Società Italiana di Cardiologia Invasiva, della Società Italiana di Diabetologia e dell’Associazione Medici Diabetologi. Lo scopo è quello di ottimizzazione la gestione clinica, diagnostica e terapeutica del paziente con sindrome coronarica acuta (SCA) e diagnosi di diabete mellito. In particolar modo gli argomenti affrontati sono: 1) la gestione della terapia anti-ischemica ed antitrombotica del paziente con SCA e diabete (il paziente diabetico richiede una terapia ad hoc); 2) le strategie di rivascolarizzazione specifiche per i pazienti con SCA e diabete (è necessario considerare una strategia invasiva precoce e prediligere la rivascolarizzazione chirurgica a quella percutanea); 3) la gestione dell’iperglicemia nel paziente diabetico noto e l’interpretazione e la gestione dell’iperglicemia nel paziente con SCA senza storia di diabete (la raccomandazione è di evitare episodi ipoglicemici mantenendo valori glicemici tra 140 e 80 mg/dl). L’articolo è offerto alla discussione attraverso la piccola posta (piccolaposta@giornaledicardiologia.it) fino alla fine del mese di agosto. •