Lo scompenso cardiaco acuto in Italia
Aldo Pietro Maggioni1, Federico Spandonaro2
1Centro Studi ANMCO, Firenze
2CREA Sanità, Università degli Studi “Tor Vergata”, Roma

L’impatto dello scompenso cardiaco sulla Società è ben noto e documentato. La prevalenza della patologia si attesta a 1-2%, con circa 80 000 nuovi casi incidenti per anno: si tratta di una condizione cronica la cui prevalenza e incidenza sono strettamente legate all’età. I dati disponibili su pazienti del mondo reale evidenziano come l’età mediana dei soggetti ricoverati per scompenso sia di circa 80 anni e oltre la metà dei casi appartiene al genere femminile.
In termini organizzativi, la gestione della fase cronica dello scompenso cardiaco risulta essere quella maggiormente analizzata, mentre lo è molto meno la fase acuta: tale scenario può trovare giustificazione in una congerie di fattori. Senza pretesa di esaustività, come primo motivo citiamo come la definizione stessa di scompenso cardiaco acuto (acute heart failure, AHF) sia eterogenea in letteratura, con la conseguenza di rendere meno facile il riferimento delle eventuali azioni organizzative1,2. Un secondo motivo potrebbe essere ricondotto alla sostanziale mancanza di nuove tecnologie (farmaci in primo luogo) capaci di incidere significativamente sulla storia naturale della patologia, e in particolare sulla mortalità associata. Di fatto, l’AHF è trattato da oltre 20 anni alla stessa maniera, sostanzialmente con diuretici (tutti i pazienti), con inotropi (i casi con ridotta portata cardiaca) e vasodilatatori (i pazienti con elevati valori pressori). Negli ultimi 20 anni un solo farmaco è stato registrato in Europa con questa indicazione, il levosimendan. Lo stesso farmaco non ha ricevuto approvazione negli Stati Uniti, a dimostrazione del fatto che non sono totalmente convincenti neppure i dati a supporto di questa unica molecola approvata.
Esiste, ancora, una carenza di informazioni sul percorso effettivo del paziente nelle strutture ospedaliere, che coinvolge tanto il pronto soccorso, quanto le cardiologie, le geriatrie e le medicine interne. Queste ultime due, nel nostro Paese sono le strutture che più frequentemente dimettono i pazienti con AHF (70% dei casi secondo il database ARNO)3.
In termini economici, i costi per i soli ricoveri ospedalieri in acuzie ammontano a quasi €550 milioni annui, pari al 2.0% del valore complessivo dei ricoveri e allo 0.5% della spesa sanitaria complessiva. Pur essendo presumibilmente minore che in altri paesi europei (ad esempio quasi il 50% in meno che in Francia), il costo medio del ricovero per paziente con AHF sfiora €3200.
Da notare che il dato medio di ospedalizzazione (2.8 ricoveri per 1000 abitanti) trova conforto con quelli registrati in altri paesi europei, ma tale media cela realtà regionali profondamente difformi: fra i due estremi della distribuzione la variazione del tasso di ospedalizzazione è di oltre il 60% e, anche standardizzando i tassi per le diverse realtà demografiche regionali, si passa da 3.9 a 1.6 ricoveri per 1000 abitanti.
L’età media al ricovero è di 81.5 (77.5-84.6) anni per le donne e 76.9 (73.1-79.0) per gli uomini. Analoghe osservazioni possono essere fatte per la degenza media, pari a 9.3 giornate (nuovamente allineata con le principali evidenze internazionali), ma con marcata variabilità fra le Regioni: da 13.1 a 7.4 giornate.
Nella variabilità regionale, anche dopo standardizzazione per le diversità demografiche di ciascuna Regione, è riconoscibile un gradiente Nord-Sud, tipico dei sistemi sanitari regionali italiani. Non di meno, elementi organizzativi e istituzionali incidono certamente sul fenomeno: basti citare l’esempio del Piemonte e della Valle d’Aosta dove, sul piano organizzativo-istituzionale, troviamo la formalizzazione regionale del percorso di ospedalizzazione a domicilio, a cui si associano, sul piano della pratica clinica, un tasso di ospedalizzazioni minore e una degenza media maggiore. Questi ultimi sono indicatori che consentono una maggiore selezione dei pazienti in base alla severità dell’evento.
L’elemento organizzativo sembra, quindi, avere un impatto significativo sull’ottimizzazione dei percorsi dei pazienti con AHF. A questo proposito vale rimarcare come i contesti regionali risultino piuttosto differenziati, come testimoniato da un’analisi svolta attraverso la rilevazione di atti normativi nazionali, regionali, dossier e linee guida, reperiti sulla Gazzetta Ufficiale, sui Bollettini Ufficiali Regionali, sui portali delle agenzie regionali di Sanità, su siti istituzionali (Ministero della Salute e Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, Age.Na.S.) effettuata su un campione di 10 Regioni italiane. Infatti, mentre sono molto diffuse le indicazioni sul percorso del paziente con scompenso cardiaco cronico, solo due delle 10 Regioni analizzate, Piemonte ed Emilia Romagna, hanno formalizzato indicazioni sul percorso diagnostico-terapeutico assistenziale del paziente con AHF.
Anche la programmazione dell’offerta di ciascuna Regione impatta sull’elevata variabilità regionale: un esempio è rappresentato dal dimensionamento dell’Osservazione Breve Intensiva (OBI), che gioca un ruolo rilevante nella capacità di presa in carico del paziente con AHF, stabilizzandolo ed eventualmente evitando un ricorso inappropriato al ricovero. Si passa da un minimo di 1 posto letto OBI ogni 4000 accessi al Pronto Soccorso della Regione Piemonte ad un massimo di 1 ogni 10 000 dell’Emilia Romagna; solo in due Regioni (Campania e Liguria) è previsto anche un finanziamento specifico per la degenza in OBI, sebbene con tariffe diverse. Non tutte le Regioni, inoltre, si allineano alle linee guida della Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU) e agli indirizzi contenuti nel documento della Commissione d’Emergenza-Urgenza del Ministero della Salute sulla rete ospedaliera, che indicano per il ricovero in OBI un tempo compreso fra le 6 e le 24h. In Veneto, ad esempio, è previsto che un paziente possa essere trattato in OBI per un tempo minimo di 4h fino ad un massimo di 24h (in alcune realtà aziendali di questa Regione anche fino ad un massimo di 72h). Si arriva, invece, ad un massimo di 30h in Piemonte e di 36h nel Lazio e in Toscana.
Si evidenzia, inoltre, che in prospettiva, modifiche nei percorsi che prevedano nuove attività e/o l’utilizzo di nuove tecnologie, trovano un limite intrinseco nella necessità di adeguamento delle tariffe: in caso di ricovero, quelle del DRG di riferimento, mentre in caso di dimissione diretta dal Pronto Soccorso, l’esistenza o meno del riconoscimento di un finanziamento fee for service per le attività rese, di fatto presente solo in alcune Regioni.
In definitiva, la significativa variabilità riscontrata a livello regionale tanto della pratica clinica quanto della gestione “organizzativa” del percorso del paziente scompensato, e la mancanza di chiare evidenze da studi controllati, richiede un approfondimento in termini di appropriatezza delle risposte terapeutiche e assistenziali, anche in considerazione delle ricadute sull’ottimizzazione del percorso del paziente con AHF ad oggi caratterizzato da un tasso di mortalità inaccettabilmente elevato e da un elevato livello di risorse economiche assorbite.
Il presente Supplemento al Giornale Italiano di Cardiologia, frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare che ha analizzato i dati disponibili sulla gestione dell’AHF in Italia, intende stimolare e contribuire a una riflessione in tal senso, fornendo alcune informazioni originali sul tema: il primo elaborato affronta la questione della definizione clinica di AHF, aspetto fondamentale per circoscrivere correttamente il perimetro di osservazione e d’azione; il secondo fornisce i dati epidemiologici più rilevanti, con particolare riferimento a due scenari loco-regionali italiani grazie ad altrettanti database organizzati ad hoc. Nel terzo documento viene sviluppata l’analisi dell’attività di ricovero per AHF relativa all’anno 2010 nelle strutture assistenziali pubbliche e private accreditate, desunta dalla banca dati delle schede di dimissione ospedaliera del Ministero della Salute. Nel quarto, infine, vengono presentati i percorsi di gestione ospedaliera del paziente con AHF, le relative modalità di accreditamento e di finanziamento in 10 Regioni italiane, sulla base delle normative regionali e della letteratura grigia.
bibliografia
1. Felker GM, Adams KF Jr, Konstam MA, O’Connor CM, Gheorghiade M. The problem of decompensated heart failure: nomenclature, classification, and risk stratification. Am Heart J 2003;145(2 Suppl):S18-25.
2. McMurray JJ, Adamopoulos S, Anker SD, et al.; ESC Committee for Practice Guidelines. ESC guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure 2012: the Task Force for the Diagnosis and Treatment of Acute and Chronic Heart Failure 2012 of the European Society of Cardiology. Developed in collaboration with the Heart Failure Association (HFA) of the ESC. Eur Heart J 2012;33:1787-847.
3. Maggioni AP, Rossi E, Cinconze E, Rielli R, De Rosa M, Martini N. Characteristics, costs and outcomes of patients hospitalized for heart failure (HHF): analysis of a community database of nearly 3 000 000 subjects. Eur J Heart Fail 2014, in press.