Commento al Documento di Consenso
“Stent coronarico e chirurgia” di Rossini et al.


All’Editor. A proposito del recente documento pubblicato sul Giornale relativo alla stratificazione del rischio emorragico in chirurgia, vorrei fare alcune osservazioni relative ad un principio fondamentale, primum non nocere, che mi pare trascurato da una impostazione molto tecnica dove non ho trovato il rafforzamento di alcuni semplici messaggi:
1. nel nostro Paese la maggior parte delle rivascolarizzazioni miocardiche eseguite con angioplastica coronarica + impianto di stent viene eseguita in una popolazione anziana con elevata probabilità di avere necessità di chirurgia non cardiaca indifferibile nel successivo decorso;
2. la grande maggioranza delle procedure elettive viene eseguita senza ricerca di ischemia né di vitalità miocardica, in condizioni cioè di discutibile appropriatezza e senza che nella documentazione relativa al consenso informato siano chiaramente e specificamente esplicitati i rischi relativi alla necessità di affrontare un intervento chirurgico in doppia antiaggregazione;
3. la valutazione del rischio emorragico dei singoli interventi del documento, pur encomiabile nello sforzo di dare uno strumento operativo, è opinabile per la inevitabile approssimazione di qualunque categorizzazione. Definire a profilo di rischio basso un intervento di rivascolarizzazione arteriosa periferica, ad esempio, può indurre una pericolosa sottovalutazione del rischio relativo a qualunque procedura chirurgica del distretto vascolare arterioso. La gestione multidisciplinare del rischio perioperatorio è duro lavoro di integrazione di competenze diverse che non può essere sostituita da vademecum tascabili;
4. il costo di una valutazione ecografica addominale prima di qualunque procedura di rivascolarizzazione miocardica elettiva e mirata ad escludere la presenza di alcune patologie chirurgiche indifferibili (aneurisma dell’aorta addominale, secondarismo epatico, neoplasie dei reni e della vescica) è largamente inferiore a quello per esempio del trattamento “bridge” necessario alla gestione di interventi indifferibili a breve distanza dall’impianto di stent medicati o a quello del differimento di interventi elettivi che comportano gravi disabilità e sofferenze al paziente come quelli ortopedici;
5. l’obbligo di una maggiore attenzione all’appropriatezza delle rivascolarizzazioni (ricerca di ischemia e di miocardio vitale) e dell’accurata esclusione di patologie di interesse chirurgico prima della rivascolarizzazione eviterebbe la prevedibile futura espansione di contenziosi medico-legali e l’incremento dei costi relativi agli eventi avversi ed a quello delle procedure necessarie per evitarli.
Alberto Roghi
Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare “A. De Gasperis”
A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano
e-mail: alberto.roghi@gmail.com


Risposta. Ringraziamo il dr. Roghi per darci la possibilità di fare alcune semplici precisazioni in merito al documento. Le considerazioni da lui espresse sono, in ultima analisi, riconducibili a due punti fondamentali:
1. le procedure di angioplastica coronarica (specie con stent medicati) sono spesso inappropriate ed espongono il paziente a rischi legati ad un periodo protratto di duplice antiaggregazione. Tali rischi, che spesso si concretizzano di fronte alla necessità di un intervento chirurgico non differibile, sarebbero evitabili riducendo le procedure di rivascolarizzazione percutanea ed escludendo a priori il rischio che il paziente sia portatore di una neoplasia misconosciuta che pertanto necessiti in tempi brevi di un intervento chirurgico;
2. la valutazione del rischio emorragico è opinabile perché può indurre una pericolosa sottovalutazione del rischio chirurgico.
Queste le considerazioni degli autori del documento:
1. pur condividendo, in parte, le considerazioni del dr. Roghi, teniamo a precisare che il titolo (e quindi l’oggetto) del presente documento di consenso è il seguente: “La gestione perioperatoria della terapia antiaggregante nel paziente (già) portatore di stent coronarico candidato a intervento chirurgico”. L’indicazione, l’appropriatezza ed il “timing” della rivascolarizzazione, il tipo di rivascolarizzazione (chirurgica vs percutanea) e la scelta dello stent (medicato vs metallico), seppur punti fondamentali nella gestione del paziente, non rientrano nello scopo del presente documento. Quest’ultimo si ripropone il duplice obiettivo di colmare un vuoto esistente nelle attuali linee guida internazionali (poco operative) e dall’altro di combattere un problema culturale dei cardiologi rispetto alle problematiche chirurgiche e dei chirurghi rispetto a quelle cardiologiche. Il documento è prodotto di un lavoro mai fatto prima, indicativo di una collaborazione tra diversi specialisti (cardiologi clinici ed interventisti, chirurghi ed anestesisti), è espressione di un’ampia comunità scientifica. Esso si cala nel mondo reale: affronta un vero problema clinico della vita di tutti i giorni. Le tabelle proposte non hanno la pretesa di rappresentare le “tavole della legge”, ma vorrebbero essere un punto di riferimento nella gestione (spesso troppo arbitraria) di questi pazienti. Esse sono lo strumento per instaurare il reale consenso in ogni ospedale, su ogni singolo caso, tra Cardiologo e altro Specialista. È un invito a tutti al confronto e al dibattito costruttivo tra diversi Specialisti, non una legge impositiva scritta da pochi. Peraltro, partirà a breve un registro prospettico a livello nazionale per verificare l’applicazione del presente documento nella pratica clinica, la sua sicurezza ed efficacia;
2. la valutazione del rischio emorragico dei singoli interventi è stata fatta da chirurghi che operano nelle singole discipline ed ha ricevuto l’endorsement delle rispettive società scientifiche. Il rischio emorragico menzionato nel presente documento non va confuso con il rischio operatorio in sé, già chiaramente riportato in letteratura e nelle linee guida. Esso è solo “funzionale” alla scelta della terapia antiaggregante più adeguata e non contempla il rischio perioperatorio di eventi maggiori. In conclusione, un intervento di chirurgia vascolare, anche se a basso rischio emorragico, resta sempre un intervento gravato da un’alta incidenza di eventi perioperatori. Il presente documento non si sostituisce alle linee guida esistenti e ad un’attenta ed accurata valutazione preoperatoria del paziente in merito ai rischi perioperatori dello stesso.
In merito all’appropriatezza delle procedure di angioplastica coronarica, ci preme considerare che la stragrande maggioranza di esse viene eseguita in occasione di una sindrome coronarica acuta, dove i dati di letteratura e le linee guida raccomandano che l’angioplastica coronarica deve rappresentare la terapia di scelta. Nella casistica di 60 casi sulla terapia “bridge” pubblicata dagli Ospedali Niguarda e Legnano1, solo 16 pazienti (27%) avevano ricevuto uno o più stent medicati per cardiopatia ischemica stabile, mentre per gli altri 44 (73%) il motivo di impianto dello stent era stato una sindrome coronarica acuta (infarto miocardico acuto con o senza sopraslivellamento del tratto ST in 19 e 25 casi, rispettivamente). In questo scenario, appare molto difficile stratificare a priori il rischio emorragico e neoplastico di un paziente.
Per quanto concerne le angioplastiche elettive, infine, non è infrequente che queste siano frutto di accertamenti non indicati. Talvolta gli interventi elettivi di angioplastica coronarica non presentano una chiara indicazione. Tuttavia, andrebbe posto l’accento anche sui (troppi?) esami strumentali nell’ambito di accertamenti preoperatori (non invasivi e quindi abusati) che spesso conducono ad (inappropriate) indagini coronarografiche e quindi ad angioplastiche coronariche.
In conclusione, gli autori del presente documento si augurano che esso, anche nella sua versione “pocket”, non sia banalmente considerato un “vademecum tascabile”, ma possa rappresentare uno spunto di riflessione e di discussione in un ambito clinico così delicato.
Roberta Rossini
a nome degli autori del documento 
Dipartimento Cardiovascolare
Ospedali Riuniti di Bergamo
e-mail: roberta_rossini@yahoo.it
BIBLIOGRAFIA
1. Savonitto S, Caracciolo M, Cattaneo M, De Servi S. Management of patients with recently implanted coronary stents on dual antiplatelet therapy who need to undergo major surgery. J Thromb Haemost 2011;9:2133-42.