Una filosofia per la medicina
Ivan Cavicchi
Bari: Edizioni Dedalo, 2011.

Proponendosi il compito di riformare la medicina e la sanità, Ivan Cavicchi, docente di Sociologia Sanitaria alla Sapienza di Roma, illustra nel suo ultimo saggio “Una filosofia per la medicina” un manifesto in dieci punti, che vorrebbe contribuire ad un serio ripensamento della ragione e della metodologia medica tradizionali. Secondo Cavicchi, allo scollamento tra medicina e società non ha fatto seguito una discussione profonda, capace di aggiornare l’ars medica dal punto di vista della dottrina. Alla crisi attuale che vive il sistema salute, si deve rispondere in termini più radicali, con un sistematico sforzo di apertura alle nuove istanze sociali, per favorire una forma di pensiero che favorisca lo sviluppo della medicina nel XXI secolo. Cavicchi ritiene che la scienza da sola non sia più adatta ad esprimere il contenuto e la forma metodologica che si vogliono dare alla nuova medicina, ma al sapere scientifico bisogna affiancare la filosofia, l’etica e l’economia.
Il primo ripensamento cui deve sottoporsi la ragione medica e che in qualche modo condiziona tutti gli altri, è legato all’assunzione del principio di attualità. Scrive Cavicchi: “Ciò che è presente, sia esso malattia, malato, società, cultura, contesto, contingenza, limiti di ogni genere, è assunto come riferimento della ragione medica. È l’atto di porre la medicina in una relazione con soggetti, oggetti, contesti, idee. Si tratta, prima di tutto, di una relazione sociale”. La medicina deve aprirsi al pensiero della complessità. Non deve arroccarsi dietro una presunta oggettività, che non le appartiene, essendo le sue pratiche più vicine ad un’arte che ad una scienza obiettiva. Attuale è dunque un paziente più esigente, che vive la salute come un “bene sommo della persona”, comprese le sue convinzioni morali, e non come una semplice condizione di benessere fisico; attuale è una concezione della cura come dialogo, per raggiungere soluzioni condivise, e non come tutela e assistenza; attuale è “una ragione eclettica”, aperta al buon senso, e non banalmente dogmatica; attuali sono i limiti economici, oggi più urgenti dei limiti posti alla pratica dalla natura congetturale della conoscenza medica. Cavicchi insiste molto su quest’ultimo punto: “La medicina è sollecitata sempre più ad adattare il diritto alla salute delle persone, ai problemi della spesa pubblica, a mediare le possibilità della sua razionalità con la disponibilità delle risorse. Mediazione complessa proprio in ragione del conflitto ormai endemico tra diritto e risorse limitate. La medicina se non cambia, è destinata a perdere, per ragioni esterne, il carattere autoregolatore dei suoi giudizi, delle sue scelte, dei suoi atti”. In questa prospettiva la ragione medica deve diventare “ragionevole”, praticare la condivisione delle scelte e inserirsi in una logica di relazioni multiple.



È stato obiettato che una medicina che perde il riferimento alla scientificità, alla pratica sperimentale e alla metodologia clinica, perde il criterio per distinguere tra un ciarlatano qualsiasi e un medico capace di diagnosticare e curare una malattia. Al contrario, Cavicchi afferma che il medico “scientista” si sta chiudendo in una pratica “difensivistica” che, burocratizzando e deresponsabilizzando il “ruolo”, accentua il declino della professione. Così il sociologo e filosofo Cavicchi descrive la medicina dell’attualità: “Essa descrive, dimostra, giudica, spiega, sceglie, decide, osserva, misura avvalendosi di tante regole e tanti criteri diversi”. Il presupposto da cui parte è semplicemente la rinuncia a ogni tipo di assolutezza e di dogmatismo. Di fronte all’impossibilità di disporre di certezze assolute, deve escogitare più modi ragionevoli per autoregolarsi. Fondamentale, a questo proposito, è il recupero di un ruolo codecisionale dell’opinione finale dei soggetti, malati e operatori. Oggi non è ragionevole continuare a concepire la medicina quale opera dei soli medici e infermieri che si autoconvalida, si autoconfuta, si autocertifica. Anche il malato vuole essere una garanzia di validità, questo significa decidere insieme alla società cosa sia e cosa non sia rilevante. Pertanto, vi sono tante condotte possibili quante sono le persone malate, le relazioni, le culture impegnate, i contesti finanziari, oltre alle evidenze suggerite dalle linee guida e dalla razionalità clinica.
Francesco Maria Bovenzi
U.O. di Cardiologia
Ospedale Campo di Marte, Lucca