corrispondenza

All’Editor. Devo dire che ho trovato la risposta del dr. Bronzetti alle mie pacate osservazioni ancora più stimolante dello stesso articolo.
Quando parlo del senso di rotazione dello sviluppo dell’attivazione ventricolare non mi riferisco alla “claustrale e passata” metodologia vettorcardiografica, che sarebbe senz’altro stata ridondante in un articolo dai connotati pratici come quello dell’autore. Tale segno, come ripeto patognomonico nella stessa misura di altre anomalie elettrocardiografiche (vedi l’obsoleta onda di Pardee, oggi semplicemente sopraslivellamento del tratto ST, per le sindromi coronariche acute), veniva da noi ricercato quando, in era pre-ecocardiografica, cercando l’ago nel pagliaio (la cardiopatia congenita tra i tanti sani), dovevamo stressare quanto avevamo a disposizione: il senso clinico, l’udito, l’ECG e qualche volta l’Rx torace. Non c’era tempo e modo di eseguire un esame vettorcardiografico, ma dal “culto” di questa metodica avevamo imparato a traslare le informazioni sull’ECG a 12 derivazioni. Lavoravamo in un ospedale con più di 1000 parti/anno e ciò ci permise anche uno studio nei neonati a termine nelle prime 48h di vita, con ECG dinamico che fu accettato al Congresso Mondiale di Elettrocardiografia Dinamica (Gerusalemme, 1986).
Il prof. Piccolo nel suo testo presenta solo ECG ad una sola derivazione, mentre per vedere il senso di rotazione sul piano orizzontale (e frontale) occorrono almeno due derivazioni isocrone.
Quanto alla “ricerca storica rigorosa” su Botallo, premetto che faccio parte della Società Italiana di Storia della Medicina, per la quale nel 2007 ho organizzato in veste di Presidente il IV Meeting Internazionale (il primo in Italia) e mi interesso particolarmente di storia della Cardiologia.
In effetti Internet è divenuto una facile riserva di caccia anche per i “dilettanti” della materia, con facile reperibilità di articoli come quello di Fransson citato in bibliografia.
A voler dare giustezza all’eponimo, non dovrebbe essere attribuito a Giulio Cesare Aranzio, bensì al più vetusto Claudio Galeno, che nei suoi “Procedimenti anatomici” descrisse il dotto in questione. Forse Aranzio studiò l’opera di Galeno, stampata in latino a Venezia nell’epoca dell’anatomista bolognese. Per “rigore” storico andrebbe chiesto all’interessato, ma per questo ci vorrebbe un medium con una certa esperienza nella storia della medicina e certamente Internet non è sufficiente. Potrebbe comunque essere proposto dalla comunità scientifica cardiologica di chiamare il dotto arterioso dotto di Galeno, visto che Aranzio il suo lo possiede già.
Massimo Pandolfi 
U.O. di Cardiologia
Ospedale Serristori, Figline Valdarno (FI)
e-mail: massimo.pandolfi@tin.it
bibliografia
– Acierno JL. The history of cardiology. London, New York: The Parthenon Publishing Group, 1994.
– Calleja HB, Barker RE, Kissane RW. The normal QRS vectorcardiogram in infants and children from birth to fifteen years. Am J Cardiol 1961;7:488-95.
– Castiglioni A. Storia della medicina. Milano: Mondadori, 1948.
– Galeno C. Procedimenti anatomici. Milano: Rizzoli, 1991.
– Dimauro PE, Pandolfi M, Giani I. Il ritmo cardiaco nel neonato. Pediatr Med Chir 1988;10:45-8.
– Pandolfi M, et al. Cardiac rhythm in the newborn: a contribute to normal pattern definition. In: Proceedings of the International Holter Monitoring Congress. Jerusalem, 1986.
– Pandolfi M. Date a Botallo quel che è di Botallo. Cuore e Salute, luglio-agosto 2008.
– Pazzini A. Storia della medicina. Milano: Società Editrice Libraria, 1947.
– Piccolo E. Elettrocardiografia e vettorcardiografia nelle cardiopatie congenite. Padova: Piccin, 1992.
– Puccinotti F. Storia della medicina. Livorno: Massimiliano Wagner Editore, 1850.
– Willius FA, Dry TJ. A history of the heart and circulation. Philadelphia, PA: WB Saunders, 1948.