Inerzia terapeutica: fattori correlati al medico, al paziente, al sistema e possibili strategie di intervento

Marco Vatri, Elisabetta Angelino, Marco Ambrosetti, Andrea Faggiano, Pompilio Faggiano, Francesco Fattirolli

Riassunto. È noto che una quota consistente di pazienti non riesce a raggiungere determinati obiettivi terapeutici, in particolare in ambito preventivo o nel trattamento di condizioni croniche. Una delle cause è l’inerzia terapeutica, quale risultato di un’interazione complessa tra molteplici fattori, che comprendono non solo il medico ma anche il paziente, con la sua attitudine all’aderenza, e i vincoli organizzativi del sistema sanitario. La letteratura scientifica suggerisce una ripartizione del peso della responsabilità dell’inerzia terapeutica attribuendolo per il 50% a fattori correlati al medico, per il 30% a fattori correlati al paziente e per il restante 20% a barriere del sistema sanitario. Questa visione a compartimenti stagni risulta fuorviante perché non è in grado di cogliere la profonda interconnessione dei diversi elementi e come essi si vadano ad autoalimentare in un circolo vizioso che condiziona l’agire terapeutico. Il processo decisionale del medico è tutt’altro che razionale e algoritmico, è influenzato da bias cognitivi, scorciatoie mentali e pressioni di contesto che possono condurre a errori sistematici. Il paziente non è mai un attore passivo: le sue paure, percezioni e comportamenti, giocano un ruolo cruciale nel determinare dinamiche relazionali che influenzano il ragionamento clinico e danno origine a interazioni in cui per il curante evitare il conflitto determina una perdita di opportunità terapeutiche. L’inerzia che origina dal clinico è un comportamento composito, che può consentire di identificare almeno quattro profili ricorrenti, definibili “fenotipi di inerzia terapeutica”: disinformato, esitante, rigido, sopraffatto. Ogni fenotipo è caratterizzato da un diverso livello di consapevolezza ed è sostenuto da bias cognitivi oltre che da specifiche difficoltà relazionali con le diverse tipologie di pazienti. Non esistono soluzioni univoche per sostenere le modifiche dei comportamenti, tuttavia alcuni profili risultano essere più suscettibili al cambiamento di altri. Identificare i fenotipi di inerzia è quindi solo il primo passo, in quanto per la pratica clinica è decisamente rilevante se e come possono essere modificati. Si tratta quindi di sviluppare una griglia interpretativa per riconoscere i pattern ricorrenti di inerzia e quali potrebbero costituire le più efficaci strategie correttive.