Uno sguardo allo scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata: dai trial al mondo reale dell’Osservatorio Cardiovascolare del Friuli-Venezia Giulia

Andrea Di Lenarda, Marco Cittar, Chiara Cappelletto, Luisa Mattei, Antonella Cherubini, Donatella Radini, Arjuna Scagnetto, Annamaria Iorio, Giulia Barbati, Giorgio Faganello, Giulia Russo

RIASSUNTO: Lo scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata (HFpEF) è stato per decenni un’entità nosologica priva di terapia specifica e alcuni ne hanno addirittura messo in discussione l’esistenza. Recentemente è stata introdotta una terapia mirata per alcuni fenotipi specifici, seppur rari, come la malattia di Fabry, la cardiomiopatia ipertrofica e l’amiloidosi, mentre in modo “fortuito” sono stati scoperti gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i), inizialmente impiegati come farmaci anti-diabetici che poi si sono dimostrati molecole efficaci nel migliorare la prognosi sia del paziente con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (HFrEF), che di quello con HFpEF, riducendo di quasi un terzo le riacutizzazioni dello scompenso cardiaco. Sebbene vi siano alcune differenze epidemiologiche a seconda del paese e del contesto analizzato, è consenso generale che l’HFpEF sia il fenotipo di scompenso cardiaco più rappresentato e la sua prevalenza è in costante aumento negli ultimi anni, sia per l’aumento dell’aspettativa di vita, per la maggiore sensibilità e accuratezza diagnostica, che per l’esponenziale incremento di fattori di rischio come diabete, ipertensione, insufficienza renale, broncopneumopatia cronica ostruttiva ed obesità, ai quali spesso si associa, risultando essere un epifenomeno di una malattia cardio-nefro-metabolica complessa. I dati e le caratteristiche dei principali trial però non sempre sono in linea con le caratteristiche ed esigenze di questi pazienti nel mondo reale. L’Osservatorio Cardiovascolare del Friuli-Venezia Giulia rappresenta un potente strumento di governo clinico che permette di caratterizzare in maniera specifica questi pazienti e indirizzarli verso i percorsi diagnostico-terapeutici più appropriati, contribuendo ad un significativo miglioramento della prognosi e alla riduzione della spesa a carico del Sistema Sanitario Nazionale. L’impiego degli SGLT2i nel paziente con HFrEF è destinato ad eguagliare quello degli storici modulatori neurormonali, mentre, essendo al momento l’unica classe di farmaci raccomandati dalle linee guida internazionali, dovrebbe addirittura superarli nel paziente HFpEF. Tuttavia, vista l’elevata prevalenza dell’HFpEF, è impensabile che il suo trattamento sia appannaggio solo del cardiologo; in tal senso sarà fondamentale nel prossimo futuro implementare percorsi condivisi ed integrati con altri specialisti (internisti, diabetologi e nefrologi) e soprattutto con i medici di medicina generale, le figure professionali che più frequentemente intercettano questi pazienti, per selezionare i casi a maggiore complessità e potenzialità di efficace intervento terapeutico.