Dati di un anno di follow-up dei pazienti italiani
con fibrillazione atriale trattati con edoxaban
nello studio ETNA-AF Europe

Pietro Ameri1*, Letizia Riva2*, Matteo Toma1, Giuseppe Di Pasquale2, Raffaele De Caterina3

1U.O. Clinica di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e UTIC, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino,
e Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università degli Studi, Genova

2U.O.C. Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna

3U.O.C. Cardiologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Ospedale di Cisanello, Pisa

Background. The ongoing prospective, single-arm, observational, phase 4 ETNA-AF Europe study is collecting real-world data about the safety and, secondarily, the effectiveness and therapeutic adherence of newly prescribed edoxaban for non-valvular atrial fibrillation in Europe. 

Methods. At the end of enrollment in 2018, 13 980 subjects were included, of whom 3509 were Italian. Of them, 3341 (95.2%) had follow-up data available at 1 year. 

Results. Their mean age was 75 ± 9.3 years, with 56.9% being ≥75 years old. The CHA2DS2-VASc score was ≥4 in 1380 (41.3%) patients. Overall, 662 patients (19.7%) were judged as “frail” by the investigators. Edoxaban 30 mg/day was given to 1048 (31.4%) subjects, who were older with more comorbidities and a lower estimated creatinine clearance than those prescribed the 60 mg/day dose. Overall, the rates of bleeding and thromboembolic events were low: major bleeding was 1.63%/year, intracranial hemorrhage 0.16%/year, stroke or systemic embolism 0.50%/year and all-cause mortality 3.72%/year. Rates were higher in subjects ≥75 years or with a CHA2DS2-VASc score ≥4 and in frail individuals. Remarkably, there was a trend for no increase in intracranial bleeding with more advanced age. 

Conclusions. These findings confirm the favorable safety and effectiveness profile of edoxaban in atrial fibrillation patients in routine clinical care in Italy. 

Key words. Atrial fibrillation; Edoxaban; Real world; Registry.

INTRODUZIONE

I trial clinici controllati randomizzati costituiscono il metodo più affidabile per generare evidenze sull’efficacia e sulla sicurezza dei nuovi agenti terapeutici1. Gli studi di “real life” sono altrettanto importanti, perché forniscono informazioni sulla sicurezza e sull’efficacia dei trattamenti2. Molto spesso sono le stesse Autorità Regolatorie internazionali nell’ambito dello sviluppo di un farmaco a richiedere alle Aziende Farmaceutiche studi di sicurezza post-autorizzazione (post-authorization safety studies, PASS), che vengono iniziati immediatamente dopo l’approvazione e l’immissione in commercio di quel dato farmaco3. Per PASS si intende, secondo l’art. 1 punto 15 direttiva 2010/84 della European Medicines Agency (EMA), un “qualsiasi studio relativo ad un medicinale autorizzato, effettuato allo scopo di individuare, caratterizzare o quantificare un rischio, confermare il profilo di sicurezza di un medicinale o misurare l’efficacia delle misure di gestione dei rischi”.

Edoxaban, un inibitore diretto orale del fattore X attivato, altamente selettivo, in monosomministrazione giornaliera, è stato l’ultimo anticoagulante orale diretto (DOAC), dopo dabigatran, rivaroxaban ed apixaban, approvato nel 2015 dalla Food and Drug Administration americana e dall’EMA per la prevenzione dell’ictus e delle embolie sistemiche nei pazienti con fibrillazione atriale (FA), nonché per il trattamento e la prevenzione delle recidive del tromboembolismo venoso. La dose di edoxaban raccomandata è 60 mg/die, da ridurre a 30 mg/die nei pazienti con clearance della creatinina compresa tra 15-50 ml/min e/o peso corporeo ≤60 kg e/o nei casi di uso concomitante di forti inibitori della P-glicoproteina, come ciclosporina, dronedarone, eritromicina o ketoconazolo4.

Il Registro Edoxaban Treatment in routiNe clinical prActice for patients with nonvalvular Atrial Fibrillation Europe (ETNA-AF Europe) è stato disegnato come parte del “risk management plan” di edoxaban, con lo scopo di valutare rischi e benefici della molecola nei pazienti europei affetti da FA, ed è stato commissionato come PASS dall’EMA al momento dell’autorizzazione in commercio del farmaco. ETNA-AF Europe fa parte del programma globale ETNA-AF, che prevede lo svolgimento del registro anche in Giappone e in alcune regioni dell’Asia5. È stato recentemente pubblicato un articolo sulle caratteristiche al basale della coorte italiana di pazienti affetti da FA in trattamento con edoxaban arruolati nel registro ETNA-AF Europe6. Nel presente lavoro vengono presentati e analizzati i risultati principali della coorte italiana al primo anno di follow-up.

MATERIALI E METODI

ETNA-AF Europe è uno studio prospettico, non interventistico, di fase 4, che ha arruolato 13 980 pazienti in trattamento con edoxaban per la prevenzione del tromboembolismo associato a FA non valvolare, provenienti da 825 centri distribuiti in 10 nazioni europee (Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svizzera e Regno Unito) (vedi Appendice).

L’obiettivo principale di ETNA-AF Europe è di analizzare la sicurezza di edoxaban nel mondo reale, mediante la valutazione degli eventi emorragici, in particolare intracranici, di eventuali eventi avversi correlati al farmaco e della mortalità cardiovascolare e per tutte le cause. I componenti dell’endpoint primario di sicurezza sono: sanguinamenti maggiori, sanguinamenti non maggiori ma clinicamente rilevanti, e sanguinamenti minori; eventi cardiovascolari che comportino l’ospedalizzazione; reazioni avverse a edoxaban; morte per qualsiasi causa e per cause cardiovascolari. Le definizioni dei sanguinamenti sono quelle della International Society on Thrombosis and Haemostasis, laddove un sanguinamento maggiore è tale se è fatale, o se avviene in una sede critica (sanguinamento intracranico, intraoculare, spinale, intrapericardico, retroperitoneale, intra-articolare, intramuscolare con sindrome compartimentale), o se determina una riduzione di ≥2 g/dl di emoglobina o richieda la trasfusione di ≥2 unità di emazie concentrate. Un sanguinamento non maggiore ma clinicamente rilevante, invece, non soddisfa i suddetti criteri, ma impone attenzione medica (intervento medico, ricovero, valutazione clinica diretta)7. Gli endpoint secondari comprendono ictus ischemico ed emorragico, embolia sistemica, attacco ischemico transitorio, eventi cardiovascolari avversi maggiori, tromboembolismo venoso, sindrome coronarica acuta e ospedalizzazioni per cause cardiovascolari.

Infine, ETNA-AF Europe si prefigge di analizzare l’aderenza al trattamento con edoxaban e la frequenza e i motivi dell’interruzione definitiva di questo trattamento.

I pazienti sono stati inclusi nello studio solo dopo che era già stata presa la decisione clinica di prescrivere edoxaban, senza alcuna influenza sul comportamento prescrittivo. L’arruolamento si è concluso a febbraio 2018, e in Europa è stato condotto per il 40% da cardiologi, per un altro 40% da medici di medicina generale e per il restante 20% da specialisti in Medicina Interna o in Neurologia. Il follow-up previsto è di 4 anni, con visite annuali a 12, 24, 36 e 48 (± 2) mesi dalla prima valutazione, e di almeno 2 anni in caso di sospensione del trattamento con edoxaban.

I dati relativi alle visite a 12 mesi sono stati inseriti in un’apposita cartella clinica elettronica dagli investigatori partecipanti allo studio. Quelli presentati di seguito sono stati estratti in occasione della fotografia al 31 ottobre 2019.

Analisi statistica

Le variabili continue sono presentate come media ± deviazione standard e quelle categoriche come percentuale del totale. Gli eventi emorragici ed ischemici, e le morti al primo anno di follow-up sono quelli riportati dagli sperimentatori, e sono espressi come percentuali annualizzate. La mortalità cardiovascolare comprende anche eventi di morte che non sono stati giudicati come cardiovascolari, ma per cui la causa cardiovascolare non poteva essere esclusa.

RISULTATI

I dati ad 1 anno di follow-up riguardano 3341 dei 3509 pazienti (95.2%) italiani arruolati in ETNA-AF Europe. Le caratteristiche al basale di questi soggetti, riassunte in Tabella 1, sono del tutto simili a quelle dell’intera coorte italiana6. L’età media era 75.0 ± 9.3 anni, con predominanza di individui con età ≥75 o ≥85 anni (rispettivamente 56.9% e 13.9% del campione). Il punteggio CHA2DS2-VASc medio era 3.2 ± 1.4 e quello CHADS2 1.8 ± 1.1, mentre il valore medio di HAS-BLED era 2.7 ± 1.1. La forma parossistica rappresentava il tipo di FA più frequente (47% dei casi). La dose di 30 mg di edoxaban è stata prescritta a 1048 (31.4%) pazienti. L’età media dei soggetti trattati con edoxaban 30 mg/die era più alta di quella dei soggetti trattati con 60 mg/die (80.5 ± 7.6 vs 72.5 ± 8.9 anni); inoltre erano maggiori le percentuali di patologie associate.

La mortalità e le frequenze degli eventi emorragici ed ischemici durante il primo anno di osservazione della coorte di pazienti italiani inclusi in ETNA-AF Europe sono presentate nella Tabella 2. Per quanto concerne l’endpoint primario, l’1.6% dei soggetti ha presentato sanguinamenti maggiori, l’1.1% sanguinamenti non maggiori ma clinicamente rilevanti e lo 0.16% sanguinamenti intracranici. Di 120 pazienti morti a 12 mesi (3.7%), 59 (1.8%) sono deceduti per causa cardiovascolare.

Le percentuali di pazienti in cui si è verificato uno degli endpoint secondari di efficacia sono state: 0.5% per ictus ischemico o embolia sistemica, 0.4% per ictus di qualsiasi causa e 0.4% per infarto miocardico. Sono stati osservati solo 2 casi di ictus emorragico, in pazienti definiti dagli sperimentatori ipertesi. Coerentemente con le caratteristiche dei pazienti trattati con la dose di 30 mg/die, in questo gruppo di pazienti è stata osservata una più alta percentuale di eventi (Tabella 2). Per completezza, la Tabella 2 riporta anche i tassi di incidenza degli eventi emorragici ed ischemici di interesse verificatisi nello studio registrativo ENGAGE AF-TIMI 488.







CHA2DS2-VASc score

Il 41.3% dei pazienti italiani in ETNA-AF Europe all’arruolamento aveva un punteggio CHA2DS2-VASc ≥4. Come prevedibile, gli eventi ischemici sono stati più frequenti in questo gruppo che in quello con CHA2DS2-VASc <4 (0.8% vs 0.3%). D’altra parte, e coerentemente con il fatto che alcuni fattori di rischio per il tromboembolismo comportano anche una maggior predisposizione al sanguinamento, anche gli eventi emorragici si sono verificati più spesso nei soggetti con CHA2DS2-VASc ≥4 rispetto a quelli con punteggio <4 (sanguinamento maggiore 2.1% vs 1.3%; sanguinamento non maggiore ma clinicamente rilevante 1.4% vs 1.0%). Infine, sia la morte per qualsiasi causa che quella per cause cardiovascolari è avvenuta più spesso nella sottopopolazione con CHA2DS2-VASc ≥4 (Tabella 3).

Età

Stratificando i pazienti per fasce di età, rispettivamente <65 anni, 65-74 anni e ≥75 anni, si osserva un progressivo e atteso aumento della frequenza di eventi emorragici e tromboembolici (Tabella 4). Ugualmente, con il passare degli anni, aumenta il tasso di morte (1.3%/anno per età <65 anni vs 4.6%/anno per età ≥75 anni), compresa quella cardiovascolare (0.8%/anno per età <65 anni vs 2.2%/anno per età ≥75 anni). Ciò nonostante, la quota di morti cardiovascolari è risultata più bassa nelle fasce di età più alte (60% di tutte le morti per <65 anni, 50% per 65-74 anni e 48.2% per ≥75 anni). Il dato di particolare interesse, e in controtendenza, è il non aumento (numericamente: la riduzione) delle emorragie intracraniche osservato nella fascia di età più avanzata (0.26%/anno per età <65 anni vs 0.16%/anno per età ≥75 anni), a conferma della sicurezza di edoxaban.







Fragilità

Nell’inserire le informazioni relative ai pazienti reclutati, gli investigatori di ETNA-AF Europe dovevano indicare se li ritenessero “fragili”, esclusivamente sulla base del loro giudizio e del significato che attribuivano alla parola. Così facendo, la grande maggioranza di pazienti (2569 [76.9%]) è stata definita “non fragile”, a fronte di 662 pazienti (19.8%) definiti invece come tali. L’età di questi ultimi era più alta rispetto a quella del gruppo “non fragile”. Analizzando il dosaggio di edoxaban impiegato, si osserva che il 38% dei pazienti a cui è stato prescritto edoxaban 30 mg/die è stato anche considerato “fragile”, mentre la stessa definizione è stata attribuita solo all’11.5% degli individui trattati con edoxaban 60 mg/die. Conseguentemente, l’età media dei soggetti “fragili” con prescrizione di edoxaban 30 mg/die era 83.3 ± 6.1 anni, mentre l’età media dei pazienti “non fragili” avviati a edoxaban 60 mg/die era 73.2 ± 9.1 anni. A prescindere dal dosaggio utilizzato, il 60% circa dei pazienti definiti fragili è stato ritenuto dagli sperimentatori anche a rischio di cadute (Tabella 1). Indipendentemente dai criteri soggettivi utilizzati per la stima della fragilità, i pazienti ritenuti fragili sono quelli che nell’arco dei 12 mesi effettivamente hanno sviluppato più eventi, sia di tipo tromboembolico che emorragico (Tabella 5).

DISCUSSIONE

L’analisi dei dati relativi al primo anno di follow-up della coorte italiana dello studio ETNA-AF Europe fornisce importanti informazioni circa la sicurezza e l’efficacia di edoxaban nella realtà clinica del nostro Paese. In oltre 3300 pazienti, 12 mesi di terapia con edoxaban per la prevenzione del cardioembolismo da FA hanno sortito una frequenza di 1 emorragia intracranica ogni 625 individui trattati e 1.6 emorragie maggiori ogni 100 pazienti. Gli eventi tromboembolici sono stati 1 su 200 soggetti cui è stato prescritto edoxaban. Il significato di questi numeri è ben reso dal confronto con quelli ottenuti da studi analoghi, ma riguardanti pazienti in trattamento con antagonisti della vitamina K. Per esempio, in 1361 soggetti con FA ed età mediana pari a 76 anni in acenocumarolo e con tempo in range terapeutico del 100% perché presso un centro dedicato, l’incidenza di sanguinamento intracranico era 1 su 114 e quella di emorragie maggiori 2.8 su 1009. A riprova di un buon profilo di sicurezza-efficacia di edoxaban nella pratica clinica italiana, metà delle morti osservate nell’arco di 1 anno di trattamento con edoxaban sono state non cardiovascolari, e pertanto per definizione non correlabili a sanguinamenti o eventi ischemici.

Nel complesso, i pazienti italiani seguiti in ETNA-AF Europe sono anziani: infatti, oltre la metà aveva almeno 75 anni all’arruolamento e poco meno del 15% aveva almeno 85 anni. Questo dato è coerente con l’aspettativa di vita in Italia, una delle più lunghe al mondo10, e rende la coorte italiana di ETNA-AF Europe particolarmente interessante in quanto rappresentativa di una popolazione geriatrica con FA, colta in minor misura dalla maggior parte degli altri studi osservazionali.

A fronte dell’età media di 75 anni dei soggetti italiani in ETNA-AF Europe, l’età media era 69 anni in GARFIELD11 e nel registro promosso dalla Società Europea di Cardiologia12, 70 anni in ORBIT-AF II13, 71.5 anni in PREFER-AF14 e XANTUS15, 73 anni in GLORIA-AF16, e tra 71 e 74 anni in una serie di analisi basate su dati amministrativi danesi17-19.

Il fatto che, nonostante l’età media della popolazione arruolata e la percentuale di pazienti con età ≥75 anni e ≥85 anni, il dosaggio di edoxaban 60 mg/die sia stato utilizzato in più dei due terzi dei pazienti dimostra che gli sperimentatori nella prescrizione si sono attenuti alla scheda tecnica del farmaco, in cui l’età, di per sé, non è un criterio di riduzione del dosaggio. La discrepanza tra la percentuale dei pazienti anziani e quella dei pazienti che sono stati definiti “fragili” conferma inoltre che l’età non rappresenta un requisito intrinseco per sviluppare fragilità20.




Stanti le caratteristiche anagrafiche della popolazione italiana arruolata nell’ETNA-AF Europe, appare rilevante il bilancio tra sicurezza ed efficacia di edoxaban nel cospicuo gruppo di pazienti con età ≥75 anni. In essi, come atteso, si osserva una frequenza di sanguinamenti maggiore rispetto agli individui più giovani, essendo l’età un potente fattore di rischio per eventi sia emorragici che ischemici21. D’altra parte è interessante notare come gli eventi ischemici, in questo gruppo di pazienti, siano invece occorsi con frequenza comparabile a quella rilevata nelle fasce di età più basse e i sanguinamenti intracranici siano stati addirittura meno nei soggetti con ≥75 anni che in quelli con <65 anni. L’emorragia intracranica ha conseguenze devastanti soprattutto nell’anziano, ed ipertensione arteriosa ed età sono riportati tra i principali fattori di rischio22. In ENGAGE AF-TIMI 48, edoxaban ha dimostrato una riduzione del 53% del rischio di sanguinamento intracranico rispetto a warfarin con “international normalized ratio” ben gestito, con un tasso di incidenza di 0.40/100 pazienti/anno vs 0.85/100 pazienti/anno8. Va notato che i pazienti della coorte italiana in ETNA-AF Europe, rispetto a quelli in ENGAGE AF-TIMI 48, avevano un rischio emorragico moderato (HAS-BLED medio 2.7 ± 1.1 vs 1.6 ± 0.9) perché qualsiasi evento tende ad essere riportato più spesso, e quindi tende a risultare più frequente, in un trial controllato randomizzato piuttosto che in uno studio osservazionale23. Pur riconoscendo questi limiti, anche la percentuale annua registrata di sanguinamenti maggiori e di sanguinamenti non maggiori ma clinicamente rilevanti è stata più bassa in ETNA-AF Europe di quanto osservato nel trial clinico di riferimento. Pertanto, la bassa incidenza dell’emorragia intracranica nei pazienti italiani di ETNA-AF Europe, indipendentemente dall’età, conferma ed anzi rinforza la nozione che edoxaban è un farmaco assai utile nei confronti di questo temibile esito. Un’evidenza indiretta del beneficio di edoxaban è anche fornita dalla proporzione di morti cardiovascolari, che diminuisce progressivamente andando dalle fasce di età più basse a quelle più alte, possibilmente anche per la complessiva riduzione del rischio emorragico.

In ETNA-AF Europe scompenso cardiaco, infarto miocardico e ictus/attacco ischemico transitorio erano registrati nella cartella clinica elettronica se avvenuti nei 12 mesi precedenti, con conseguente sistematica sottostima della prevalenza di questi elementi del punteggio6. Tuttavia, anche assumendo che il CHADS2 medio sarebbe potuto essere un po’ più alto del valore osservato (1.8 ± 1.0), il rischio tromboembolico della coorte italiana di ETNA-AF Europe era più basso di quello dei pazienti di ENGAGE AF-TIMI 48, in cui il criterio di arruolamento era un punteggio CHADS2 ≥2. Questo aspetto potrebbe aver determinato la più bassa incidenza di ictus ischemici in ETNA-AF rispetto a quanto osservato in ENGAGE AF-TIMI 48. I risultati qui discussi, quindi, completano i dati di sicurezza ed efficacia di edoxaban, oltreché nella popolazione dei soggetti anziani ad alto rischio, anche nella popolazione dei soggetti a rischio più basso.

Differenze nel disegno, nello svolgimento e nel tipo di popolazione studiata rendono aleatorio il confronto sistematico tra i dati di ETNA-AF Europe e quelli di altri studi osservazionali di pazienti con FA in terapia anticoagulante orale. A scopo soltanto descrittivo, possono essere citati i tassi di incidenza di eventi emorragici e tromboembolici cruciali nel determinare la sicurezza e l’efficacia di un farmaco anticoagulante nella pratica clinica. Un’emorragia maggiore è stata riportata per 2.3-3.9/100 pazienti/anno trattati con dabigatran, apixaban o rivaroxaban e censiti dal registro attuato nel distretto amministrativo di Dresda in Germania (età media 75-76 anni, CHA2DS2-VASc ≥2 nel 90-93% dei soggetti). Nella stessa popolazione, l’incidenza di ictus, attacco ischemico transitorio o embolia sistemica è stata 1.7-1.9/100 pazienti/anno24-26. In XANTUS (età media 71.5 anni, CHA2DS2-VASc ≥2 nel 78%) 2.1/100 pazienti/anno hanno presentato un sanguinamento maggiore, e 0.7/100 pazienti/anno un ictus15.

Un soggetto su 5 incluso in Italia in ETNA-AF Europe è stato giudicato “fragile” dall’investigatore, che ne ha raccolto i dati per l’arruolamento. Sebbene non fosse proposta alcuna definizione di “fragilità”, gli individui classificati tali erano molto anziani ed effettivamente ad alto rischio di eventi emorragici ed ischemici, con frequenze 2-3 volte maggiori di quelle riscontrate nei “non fragili”. Pertanto, il concetto di fragilità cui hanno fatto riferimento i medici italiani partecipanti in ETNA-AF Europe corrisponde ad una categoria di soggetti definita, nei confronti della quale devono essere compiuti sforzi per ottimizzare la gestione del rischio cardiovascolare. Numerose scale sono disponibili per valutare la fragilità27, che sarà comunque oggetto di analisi successive insieme ai fattori che la caratterizzano, per comprenderne l’impatto sugli esiti dei pazienti italiani arruolati nel registro ETNA-AF Europe. Attualmente la fragilità non è un criterio per la scelta della dose ridotta dei DOAC. Eventuali futuri studi clinici randomizzati permetteranno di valutare il dosaggio degli inibitori del fattore Xa più adeguato alla popolazione geriatrica fragile.

CONCLUSIONI

L’analisi del primo anno di follow-up dei pazienti italiani coinvolti nel registro ETNA-AF Europe conferma il profilo di sicurezza e di efficacia nella vita reale di edoxaban per la profilassi del cardioembolismo associato a FA nella realtà clinica comune. L’impiego di edoxaban riguarda una popolazione eterogenea, che comprende sia soggetti ultraottantenni e fragili sia individui a basso rischio.

RIASSUNTO

Razionale. Il Registro ETNA-AF Europe è uno studio osservazionale prospettico di fase 4 in corso finalizzato alla raccolta di dati provenienti dal mondo reale sulla sicurezza e, in secondo luogo, sull’efficacia e sull’aderenza terapeutica di edoxaban prescritto in pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare.

Materiali e metodi. Nel Registro ETNA-AF Europe sono stati arruolati 13 980 pazienti, che saranno monitorati per 4 anni. In Italia sono stati arruolati 3509 pazienti. Questa analisi include i risultati della visita di follow-up di 3341 pazienti italiani (95.2% di tutti i pazienti arruolati in Italia) che hanno completato il primo anno di follow-up. 

Risultati. Si tratta di una popolazione anziana, con più del 55% dei pazienti con età ≥75 anni. La percentuale di pazienti con punteggio CHA2DS2-VASc ≥4 è stata del 41.3%. Quasi il 20% di tutti i pazienti è stato definito “fragile” dagli sperimentatori. La maggior parte dei pazienti (68.7%) ha ricevuto la dose di edoxaban 60 mg/die. I pazienti trattati con edoxaban 30 mg/die (31.3%) hanno un’età più avanzata, un più basso filtrato glomerulare e un rischio maggiore sia di ictus sia di sanguinamento. Nel complesso, l’incidenza di eventi clinici in ETNA-AF Italia è stata bassa: sanguinamento maggiore 1.63%/anno, emorragia intracranica 0.16%/anno, ictus o evento embolico sistemico 0.50%/anno e mortalità per tutte le cause 3.72%/anno. I tassi di emorragie maggiori, ictus o evento embolico sistemico e mortalità per tutte le cause sono stati più elevati nei pazienti più anziani, in quelli con punteggio CHA2DS2-VASc ≥4 e in quelli “fragili”, così come nei pazienti che hanno ricevuto edoxaban 30 mg/die (in linea con le caratteristiche di questo gruppo). I tassi di emorragia intracranica, invece, sono risultati bassi indipendentemente dalla dose di edoxaban assunta e dall’età dei pazienti.

Conclusioni. I dati di 1 anno di trattamento con edoxaban dei pazienti affetti da fibrillazione atriale confermano la sicurezza e l’efficacia del farmaco nella pratica clinica quotidiana della realtà italiana.

Parole chiave. Edoxaban; Fibrillazione atriale; Mondo reale; Registro.
















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