Dalla pubblicazione dei risultati dello studio Framingham negli anni ’70 è noto il rapporto esistente tra scompenso cardiaco e diabete mellito. Da una parte il diabete può determinare ipertrofia cellulare, fibrosi interstiziale, compromissione del flusso ematico a livello miocardico, aumento del turnover degli acidi grassi liberi, facilitando l’insorgenza di cardiomiopatia. Dall’altra parte lo scompenso cardiaco, aumentando il livello ematico di catecolamine, può determinare insulino- resistenza, facilitando l’insorgenza di diabete. Vengono riportati e discussi i dati tratti dalla letteratura, da cui si dimostra che gli ACE-inibitori non modificano il profilo glicidico, i betabloccanti non selettivi aumentano l’insulino-resistenza, mentre i betabloccanti con proprietà vasodilatatrice non sembrano alterare la sensibilità all’insulina, e infine alte dosi di diuretici sembrano avere un effetto negativo sul profilo glicidico.
Data l’elevata prevalenza di diabetici tra i pazienti con scompenso cardiaco, è necessario un attento controllo del profilo glicidico in questi pazienti, anche in relazione a variazioni della terapia.