Terapia anticoagulante nel ventricolo sinistro non compatto: quando, come e perché
Terapia anticoagulante nel ventricolo sinistro non compatto: quando, come e perché
Jacopo Costantino, Francesco Maria Ajmone, Enrico Maggio, Federico Ballatore, Giulia Manguso, Piera Ciaramella, Nicola Galea, Maria Alfarano, Paolo Severino, Carlo Lavalle, Carmine Dario Vizza, Cristina Chimenti
RIASSUNTO: Il ventricolo sinistro non compatto (LVNC) comprende un eterogeneo gruppo di malattie in grado di causare insufficienza cardiaca, aritmie ed eventi tromboembolici. In particolare, la prevalenza di tromboembolismo nei pazienti portatori di LVNC è rilevante rispetto alla popolazione generale. La fibrillazione atriale e la trombosi ventricolare sinistra ne sono forti predittori e richiedono un trattamento anticoagulante in prevenzione primaria o secondaria, con riduzione significativa del rischio di eventi. Nei pazienti con LVNC associato a disfunzione sistolica del ventricolo sinistro e ritmo sinusale potrebbe essere considerata l’anticoagulazione orale a lungo termine. Al contrario, non è del tutto chiaro se la presenza di profondi recessi intertrabecolari che causano ristagno di flusso sanguigno possa costituire di per sé un substrato trombogenico anche in assenza di disfunzione ventricolare ed in ritmo sinusale, indicando pertanto l’utilizzo della terapia anticoagulante. Questo articolo affronta la questione aperta dell’indicazione alla terapia anticoagulante nel LVNC, attraverso una revisione delle attuali evidenze in materia di stratificazione del rischio tromboembolico e propone una flow-chart come guida alla decisione a seconda del quadro clinico del paziente.