Il cardiopatico ad alta quota: non solo aria sottile
Il cardiopatico ad alta quota: non solo aria sottile
Stefano Savonitto, Luigi Piatti
RIASSUNTO: L’esposizione a quote elevate, con l’inerente ipossia ipobarica, innesca risposte fisiologiche compensatorie, per lo più transitorie, del sistema cardiovascolare e respiratorio che non precludono un soggiorno in sicurezza almeno fino a 3500 m di quota alla gran maggioranza dei pazienti cardiopatici ben compensati e in terapia farmacologica stabile. Le raccomandazioni rilasciate dalle Società Scientifiche europee e americane di Cardiologia e Medicina di Montagna sono utili e specifiche, ancorché quasi esclusivamente basate su pareri di esperti piuttosto che su solide evidenze. Il rischio di eventi cardiovascolari è stato registrato solo durante attività sportiva, non sembra essere in relazione al livello di altitudine, ed è simile a quello registrato durante esercizio intenso a bassa quota. In aggiunta all’altitudine, vanno considerati altri aspetti dell’ambiente di montagna, come le basse temperature, il vento e la disidratazione, che richiedono attenta pianificazione ed equipaggiamento tipici delle attività sportive in montagna. La distanza della maggior parte delle aree montane da Centri medici in grado di fornire assistenza efficace nelle patologie tempo-dipendenti, e la mancanza di protocolli dedicati nella maggior parte dei casi, rappresenta probabilmente il più importante fattore limitante da considerare in pazienti a maggior rischio.