In questo numero

questioni aperte




What men want... testosterone

Negli ultimi anni il dibattito relativo alla somministrazione di testosterone ha trovato evidenze non troppo chiare, soprattutto in rapporto alla somministrazione di tale ormone in pazienti a rischio cardiovascolare. Giovanni Corona et al. presentano una revisione della letteratura, affrontando questa delicata tematica soprattutto estrapolando dati dalla trialistica disponibile e dai dati di metanalisi. Attraverso una scrupolosa e puntuale revisione delle evidenze, gli autori per prima cosa sottolineano che i dati della letteratura e le conseguenti deduzioni sono relativamente limitati perché provengono da studi con follow-up a medio termine (massimo 3 anni) e senza una valutazione di outcome cardiovascolari come endpoint primario. Gli endpoint sono di interesse generale e non specifici per pazienti con patologia cardiovascolare o mirati agli eventi cardiovascolari. Consci di questa limitazione, comunque gli autori sottolineano che al momento non ci sono controindicazioni assolute legate ad un aumentato rischio cardiovascolare tali da vietare la prescrizione di testosterone nel paziente con ipogonadismo. È implicito che in pazienti così complessi e con una lunga aspettativa di vita uno stretto controllo clinico è indispensabile anche per contribuire a generare evidenze e garantire la sicurezza per i pazienti stessi. •

dieci quesiti in tema di...




I dieci comandamenti... ma sulla sindrome di Brugada

La sindrome di Brugada rientra tra le canalopatie che si possono associare ad aritmie maligne e a morte cardiaca improvvisa anche nel giovane. Certamente, anche per recenti fatti di cronaca e per recenti sviluppi terapeutici, la sindrome di Brugada è una delle canalopatie meglio conosciute e studiate. Nonostante questo, non ci sono linee di pensiero univoche per quanto riguarda il trattamento e soprattutto le indicazioni all’impianto di defibrillatore nei pazienti con una sola diagnosi elettrocardiografica. Questo è ancora più vero se si pensa che la sola diagnosi elettrocardiografica non è sempre di facile applicabilità nella pratica clinica, visti i criteri molto restrittivi delle linee guida. Pietro Delise affronta questa tematica attraverso sintetiche, puntuali e chiare risposte a 10 tra i quesiti che molto spesso il cardiologo si pone di fronte a un paziente affetto da sindrome di Brugada. I quesiti proposti spaziano dalle definizioni ai rischi legati a morte improvvisa o arresto cardiaco, passando attraverso linee guida, impianto di defibrillatore e ruolo dello studio elettrofisiologico e dei test farmacologici. Infine, in modo molto attuale si affronta anche il tema dell’opportunità, utilità e applicazione delle procedure di ablazione transcatetere nei pazienti con tale sindrome. •

pdta in cardiologia




Un nuovo percorso contro il cancro

L’invecchiamento della popolazione e la prolungata esposizione a fattori di rischio purtroppo hanno contribuito a incrementare significativamente negli ultimi anni il numero di pazienti affetti da neoplasie. Di conseguenza è sempre maggiore il numero di pazienti che ricevono trattamenti con farmaci chemioterapici che, per quanto perfezionati e ottimizzati nella dose e nelle somministrazioni, espongono a non trascurabili effetti collaterali, tra cui la cardiotossicità. Alcuni esempi dei principali chemioterapici potenzialmente cardiotossici sono le antracicline, gli agenti anti-human epidermal growth factor-2 (HER2) e gli inibitori delle tirosin chinasi. Pertanto nuovi documenti di consenso sono stati creati per la gestione di questa delicata categoria di pazienti. La cardioncologia è certamente una delle “branche” più recenti della cardiologia e con i maggiori punti oscuri sia nelle definizioni diagnostiche sia nei percorsi di trattamento e gestione e nei risultati a lungo termine. Maria Laura Canale et al. presentano il protocollo diagnostico terapeutico cardioncologico adottato dalle U.O. di Cardiologia e Oncologia dell’AUSL Toscana Nord Ovest - Ospedale Versilia, Lido di Camaiore. Punti forti del percorso sono una corretta definizione del rischio cardiologico dei pazienti oncologici, l’interazione tra specialisti e infermieri per la definizione del timing delle visite con eventuali valutazioni collegiali dei casi complessi. L’attenta lettura di questo documento può essere un importante punto di riferimento per quei presidi o professionisti che devono organizzare il loro percorso o che semplicemente hanno bisogno di confrontare la loro esperienza con quella di altri centri. •

rassegne




L’ecocardiogramma e la cardiotossicità dei farmaci oncologici

Nei pazienti affetti da tumore, trattati con chemioterapia, periodicamente viene prescritto l’esame ecocardiografico al fine di individuare precocemente un’eventuale “chemotherapy-related cardiac dysfunction”, secondaria alla cardiotossicità di alcuni farmaci oncologici. La presenza di disfunzione sistolica del ventricolo sinistro viene valutata calcolando la frazione di eiezione all’esame ecocardiografico tridimensionale o bidimensionale. Tale parametro è però gravato da una bassa sensibilità nei confronti
delle disfunzioni di grado lieve e/o subcliniche e pertanto viene raccomandata anche la valutazione dello strain longitudinale globale. Ma anche
la funzione diastolica del ventricolo sinistro e la funzione sistolica del ventricolo destro possono essere compromesse dalle terapie oncologiche, seppur non vi siano attualmente criteri specifici per la diagnosi di cardiotossicità. Nonostante gli avanzamenti tecnologici dell’ecocardiografia, vi sono ancora incertezze su come utilizzare al meglio questa metodica per identificare la cardiotossicità. In questa rassegna Donato Mele e Marianna Nardozza ci illustrano le principali tecniche ecocardiografiche (ecocardiografia triplanare, tridimensionale, con contrasto e speckle tracking) e i parametri da analizzare per lo studio della cardiotossicità. Non essendo disponibili protocolli condivisi per tutti i trattamenti oncologici con potenziale cardiotossico, si rende necessaria una stretta collaborazione tra il cardiologo e l’oncologo per ottimizzare il timing delle valutazioni ecocardiografiche e le strategie da impiegare •




Sick sinus syndrome e sincope: il pacemaker va impiantato in tutti i casi?

Per malattia seno-atriale (sick sinus syndrome) si intende una disfunzione del nodo del seno con bradicardia sinusale, più frequentemente correlata ad una sostituzione del tessuto miocardico con tessuto fibroso, che avviene con il passare degli anni, la cui prognosi è sostanzialmente benigna. La sincope è un sintomo frequente nei pazienti affetti da sick sinus syndrome e si presenta con le caratteristiche della sincope neuromediata. L’unico trattamento raccomandato è l’impianto di pacemaker definitivo, che non sembra avere un impatto sulla sopravvivenza, ma sulla qualità della vita riducendo le recidive sincopali. Per contro il pacemaker deve essere impiantato soltanto nei casi in cui venga documentata una correlazione tra la bradicardia sinusale e la sincope. Alcuni studi fisiopatologici hanno infatti dimostrato che gran parte delle sincopi nel contesto della sick sinus syndrome sono di origine riflessa. Pertanto nei pazienti con bradicardia sinusale e sincope come sintomo isolato, in assenza cioè di sintomi secondari a ipoperfusione periferica, secondo Paolo Alboni et al., appare indicata l’esecuzione del tilt test e dello studio elettrofisiologico, prima di impiantare un pacemaker definitivo. La gestione del paziente in base ai risultati di tali test potrebbe cambiare! •




Il sesso e il cuore della donna

L’attività sessuale è un fattore determinante nella qualità di vita nei pazienti cardiopatici, sia di sesso maschile che femminile. In generale, le problematiche sessuali dei pazienti sono sottostimate e spesso il declino sessuale viene erroneamente considerato inevitabile o dovuto all’invecchiamento. Nella donna, anche per una molteplicità di fattori socio-culturali, la presenza di una disfunzione sessuale viene ricercata ancora meno che nell’uomo e di conseguenza raramente identificata e affrontata, nonostante tale disturbo sia molto comune in particolare nelle pazienti cardiopatiche. Inoltre, nel sesso femminile, la complessità della sfera sessuale si riflette anche nella molteplicità delle cause che incidono negativamente sulla sessualità dopo un infarto o in corso di una patologia cardiaca cronica, prima fra tutte la paura del sesso come possibile evento scatenante. L’interessante e approfondita rassegna di Sabino Scardi affronta in modo molto chiaro il tema, poco familiare alla comunità cardiologica, della disfunzione sessuale nelle pazienti cardiopatiche e ci guida a conoscere, a riconoscere e a saper trattare questa problematica che ha invece un importante ruolo nella qualità di vita delle pazienti. •

studio osservazionale




Il paradosso dell’anzianità

Lo studio clinico randomizzato PURE, condotto su ben più di 130 000 pazienti, ha recentemente dimostrato come il consumo nella dieta di grassi totali, grassi saturi e insaturi, non era significativamente associato al rischio di infarto miocardico o mortalità cardiovascolare. È indiscutibile che la presentazione e pubblicazione di questi dati abbia minato sia credenze collettive che scientifiche circa la definizione di una dieta sana. Pertanto si può iniziare a speculare, sebbene ulteriori dati e conferme siano necessari, che non necessariamente una dieta povera di grassi, sia una dieta sana. Sulla stessa scia di interesse Elisa Mazza et al. analizzano la relazione tra i livelli di colesterolo LDL e lo spessore medio-intimale in una popolazione di donne di età compresa tra 35 e 79 anni. In questo lavoro entriamo più nella specifico e quindi non focalizziamo l’attenzione su dieta e outcome a lungo termine ma su colesterolo, specialmente colesterolo “cattivo” LDL e il coinvolgimento aterosclerotico degli assi carotidei. È ben noto che questo parametro sia comunemente impiegato come specchio dello stato generale di salute dell’albero vascolare. I risultati di questo studio mostrano come non vi sia una relazione tra elevati livelli di colesterolo LDL e spessore medio-intimale se si considerano solo soggetti di età >65 anni. Siamo pertanto di fronte a un effetto “paradosso” legato all’età o i limiti temporali impediscono di descrivere pienamente la relazione? E soprattutto questo ha una ricaduta sulle nostre scelte farmacologiche e di trattamento? •

casi clinici




Un killer silenzioso…

Uno dei tanti aspetti positivi della Cardiologia è la rarità dell’incidenza delle patologie tumorali primitive dell’apparato cardiovascolare. Il caso descritto da Maria Chiara Todaro et al. rappresenta una delle poche tristi eccezioni che confermano la regola: angiosarcoma polmonare. Questo killer silenzioso inizia a manifestarsi con sintomi atipici e sfumati, mimando segni radiografici e tomografici deponenti per embolia polmonare per poi rivelarsi in tutta la sua aggressività a mezzo di segni deponenti per un concomitante interessamento neurologico. Indispensabile per la diagnosi la conferma anatomo-patologica richiesta però solo dopo un forte sospetto clinico, basato soprattutto sull’inefficacia della terapia anticoagulante in una paziente con sospetta embolia polmonare e una sintomatologia completamente aspecifica. •




Un problema di pancia…

Pochi casi possono fermare un emodinamista radialista con esperienza nei vari distretti periferici vascolari. Nicola Pellizzari et al. descrivono il trattamento percutaneo, tramite accesso radiale sinistro, di un aneurisma del tripode celiaco coinvolgente l’origine delle arterie epatica comune, splenica e gastrica sinistra, trattato con embolizzazione delle arterie splenica e gastrica sinistra con Amplatzer Vascular Plug e poi mediante posizionamento, su tripode celiaco, di uno stent-graft. Atra particolarità del caso, la scelta dell’approccio percutaneo in assenza di controindicazioni assolute alla chirurgia convenzionale. •