Il rischio di morte improvvisa
alla luce delle nuove linee guida europee
sulla cardiomiopatia ipertrofica

Attilio Iacovoni, Giovanni Quarta, Michele Senni
Cardiologia 1 Scompenso Cardiaco e Trapianti di Cuore, A.O. Papa Giovanni XXIII, Bergamo

“Le vecchie abitudini, anche se cattive, turbano meno
delle cose nuove ed inconsuete. Tuttavia, talvolta, è necessario
cambiare, passando gradualmente alle cose inconsuete”.
Ippocrate 


Sin dalla prima descrizione della cardiomiopatia ipertrofica (CMI) da parte del patologo inglese Donald Teare1 nel 1958, la morte cardiaca improvvisa è stata riconosciuta come l’evento più drammatico e catastrofico, potendo colpire anche pazienti giovani in apparente buono stato di salute ed essere la modalità di esordio della malattia2. Fin dai tempi greco-romani, la medicina si è dedicata a predire la cosiddetta morte repentina e di identificare i signa mortis o letalia che la precedessero. Anche la storia della CMI è stata caratterizzata da numerosi studi che hanno cercato di identificare e predire questa tragica complicanza2. Gli studi epidemiologici hanno rilevato che la CMI non è infrequente; ha, infatti, una prevalenza stimata di 1 su 500 adulti, mentre ha un’incidenza di morte improvvisa relativamente bassa, pari all’1%/anno3, dovuta, quasi esclusivamente, ad aritmie ventricolari maligne.
L’utilizzo del defibrillatore automatico impiantabile (ICD) si è dimostrato anche in questa patologia estremamente efficace nel prevenire la morte improvvisa ed è quindi indicato nei pazienti con CMI giudicati a rischio elevato4,5. La ricerca dei fattori di rischio per morte improvvisa ha affascinato numerosi ricercatori, che, negli ultimi anni, hanno dato un notevole contributo nella loro identificazione. Oggi sono riconosciuti diversi fattori di rischio che, singolarmente o in combinazione, possono identificare un paziente ad alto rischio in cui l’impianto di un ICD è fermamente consigliato (Tabella 1). Nel 2011 le società statunitensi American College of Cardiology Foundation/American Heart Association hanno pubblicato delle linee guida 3, in cui si consiglia l’impianto di ICD in prevenzione primaria in presenza di almeno un fattore di rischio considerato maggiore: anamnesi di morte improvvisa in almeno un familiare di primo grado, una sincope non spiegata recente (<6 mesi) e l’ipertrofia ventricolare sinistra ≥30 mm (indicazione di classe IIa). La presenza di una risposta anormale della pressione arteriosa allo sforzo o aritmie ventricolari non sostenute all’Holter dinamico delle 24h da sole non giustificano l’impianto di ICD, ma ottengono un’indicazione di classe IIa, solo se associate ad altri potenziali fattori di rischio aritmico, come l’ostruzione al tratto di efflusso ventricolare sinistro (gradiente a riposo ≥30 mmHg), mutazioni genetiche maligne, aneurisma ventricolare apicale sinistro e presenza di “late enhancement” alla risonanza magnetica cardiaca. Pertanto, questo approccio implica che alcuni fattori di rischio abbiano un potere predittivo maggiore rispetto ad altri.
In un recente studio6, ricercatori dell’Heart Hospital di Londra hanno cercato di valutare il reale potere prognostico dell’approccio delle linee guida americane. Dalla ricerca emergerebbe che tale approccio, che utilizza spesso un valore dicotomico dei fattori di rischio, ha un basso potere discriminante nel predire la morte improvvisa. Questa analisi critica ha dato spunto alla creazione di uno studio multicentrico, mirato a costruire un modello predittivo di morte improvvisa, pubblicato nell’agosto del 2014 sullo European Heart Journal7. In questo studio, un nuovo score di morte improvvisa nella CMI (l’HCM Risk-SCD) è stato derivato e validato su un campione di 3675 pazienti. Proprio l’introduzione dell’HCM Risk-SCD score è stata la novità più interessante delle ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia riguardanti la CMI8. Le linee guida suggeriscono di utilizzare l’HCM Risk-SCD score per la stratificazione del rischio (classe I, livello di evidenza B). L’impianto di un ICD in prevenzione primaria è consigliato (con indicazione di classe II, livello di evidenza A) in presenza di un rischio calcolato di morte improvvisa >6%/anno (Figura 1). L’indicazione deve comunque, come suggerito dagli autori, sempre essere valutata considerando gli aspetti psicologici, socio-economici e il peso delle complicanze correlate al dispositivo. Nelle linee guida europee, inoltre, per la prima volta vengono suggerite delle indicazioni per l’impianto dell’ICD anche nella popolazione pediatrica (età <16 anni). Si raccomanda l’utilizzo dell’ICD in prevenzione primaria in presenza di almeno due fattori di rischio noti per morte cardiaca improvvisa e si consiglia di utilizzare come cut-off di spessore massimo del ventricolo sinistro uno spessore ≥30 mm o uno z-score >6.



L’approccio di stratificare i pazienti attraverso uno score di rischio è sicuramente, nella storia della CMI, unico ed innovativo, non lo è in altre patologie o sindromi cardiovascolari. Negli ultimi anni, per esempio, almeno più di 40 score sono stati proposti per stratificare la prognosi dello scompenso cardiaco. Fra questi, però, solo pochi vengono utilizzati nella pratica clinica9,10. Utilizzare uno score ha dei vantaggi importanti, quali quelli di avere una rapida stima del rischio e di poterla discutere con il paziente e con i parenti.
Come tutti gli score, l’HCM Risk-SCD ha alcune limitazioni. Lo score prevede l’utilizzo del gradiente all’efflusso ventricolare sinistro come variabile continua; questo, da un punto di vista pratico, è problematico per un gradiente che può variare di giorno in giorno, a seconda della posizione e delle condizioni emodinamiche; inoltre non è chiaro quale gradiente utilizzare (ad esempio alla diagnosi? alla prima valutazione? in presenza o meno di terapia?). Lo score non è valido per i pazienti con gradiente all’efflusso provocato dall’esercizio fisico e ciò esclude circa il 30% dei pazienti 11. Le caratteristiche clinico-strumentali sono tutte alla prima osservazione; se una persona presenta nel follow-up una tachicardia ventricolare non sostenuta o una sincope, questo non compare nello score. Inoltre, è stato dimostrato che il tempo alla sincope costituisce un elemento rilevante nel suo ruolo prognostico12 e questo dato non viene considerato nello score. Non c’è differenza se un paziente ha avuto una sincope ad esempio 20 anni o 1 settimana prima della visita. La c-statistic del modello tradizionale è risultata 0.54, il che vuol dire che sarebbe uguale a fare testa o croce con una moneta, mentre numerosi studi4,5 e la pratica clinica hanno dimostrato la sua reale utilità. È possibile che il valore insufficiente di area sotto la curva trovato sia stato dovuto a una non corretta schematizzazione del modello di rischio tradizionale. Inoltre i cut-off di rischio di mortalità utilizzati (4%, 5% e 6%/anno), per decidere se dare o meno indicazione ad impianto di ICD, sembrerebbero arbitrari, con il rischio di essere utilizzati come “numeri magici” per prendere decisioni cliniche su una patologia complessa come la CMI e su un evento raro come la morte cardiaca improvvisa, e di dimenticare un approccio clinico integrato. Infine, probabilmente, prima di assegnare allo score un’indicazione così stringente (classe IIA, livello di evidenza B) nelle linee guida sarebbe stato importante avere una validazione su una popolazione esterna alla coorte di studio.
Dopo aver elencato quelle che possono essere considerate delle perplessità su questo score, va sottolineato come l’utilizzo di un modello prognostico è sicuramente una novità positiva per diversi aspetti. L’HCM Risk-SCD potrebbe essere uno strumento molto valido per i cardiologi, specialmente quelli non dedicati alla CMI, per approcciare sistematicamente il problema della morte improvvisa. Tuttavia, come anche suggerito dalle linee guida europee, non bisogna dimenticare di mettere sempre al centro dell’attenzione non solo i fattori di rischio, ma soprattutto il paziente. Il clinico ha il dovere di dare informazioni sulle possibili complicanze legate all’ICD, sulla necessità di sostituire il dispositivo anche molte volte nella vita specialmente di un giovane, e deve analizzare gli aspetti psicologici e socio-economici. Il clinico scrupoloso deve quindi non solo identificare i fattori di rischio, ma anche cercare di unire il rischio del paziente al suo contesto culturale, sociale e di prospettiva di vita.



bibliografia
1. Teare D. Asymmetrical hypertrophy of the heart in young adults. Br Heart J 1958;20:1-8.
2. Nicod P, Polikar R, Peterson KL. Hypertrophic cardiomyopathy and sudden death. N Engl J Med 1988;318:1255-7.
3. Gersh BJ, Maron BJ, Bonow RO, et al.; American College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines; American Association for Thoracic Surgery; American Society of Echocardiography; American Society of Nuclear Cardiology; Heart Failure Society of America; Heart Rhythm Society; Society for Cardiovascular Angiography and Interventions; Society of Thoracic Surgeons. 2011 ACCF/AHA guideline for the diagnosis and treatment of hypertrophic cardiomyopathy: a report of the American College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. Circulation 2011;124:e783-831.
4. Maron BJ, Shen WK, Link MS, et al. Efficacy of implantable cardioverter-defibrillators for the prevention of sudden death in patients with hypertrophic cardiomyopathy. N Engl J Med 2000;342:365-73.
5. Maron BJ, Spirito P, Shen WK, et al. Implantable cardioverter-defibrillators and prevention of sudden cardiac death in hypertrophic cardiomyopathy. JAMA 2007;298:405-12.
6. O’Mahony C, Tome-Esteban M, Lambiase PD, et al. A validation study of the 2003 American College of Cardiology/European Society of Cardiology and 2011 American College of Cardiology Foundation/American Heart Association risk stratification and treatment algorithms for sudden cardiac death in patients with hypertrophic cardiomyopathy. Heart 2013;99:534-41.
7. O’Mahony C, Jichi F, Pavlou M, et al.; Hypertrophic Cardiomyopathy Outcomes Investigators. A novel clinical risk prediction model for sudden cardiac death in hypertrophic cardiomyopathy (HCM risk-SCD). Hypertrophic Cardiomyopathy Outcomes Investigators. Eur Heart J 2014;35:2010-20.
8. Elliott PM, Anastasakis A, Borger MA, et al. 2014 ESC guidelines on diagnosis and management of hypertrophic cardiomyopathy: the Task Force for the Diagnosis and Management of Hypertrophic Cardiomyopathy of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2014;35:2733-79.
9. Levy WC, Mozaffarian D, Linker DT, et al The Seattle Heart Failure Model: prediction of survival in heart failure. Circulation 2006;113:1424-33.
10. Senni M, Parrella P, De Maria R, et al. Predicting heart failure outcome from cardiac and comorbid conditions: the 3C-HF score. Int J Cardiol 2013;163:206-11.
11. Maron MS, Olivotto I, Zenovich AG, et al. Hypertrophic cardiomyopathy is predominantly a disease of left ventricular outflow tract obstruction. Circulation 2006;114:2232-9.
12. Spirito P, Autore C, Rapezzi C, et al. Syncope and risk of sudden death in hypertrophic cardiomyopathy. Circulation 2009;119:1703-10.