Il supporto della circolazione extracorporea nelle emergenze cardiologiche: evidenze scientifiche e pratica clinica

Luigi Oltrona Visconti, Rita Camporotondo, Marco Ferlini, Simone Savastano, Ginevra Annoni, Alessandro Fasolino

RIASSUNTO: Il trattamento farmacologico dello shock cardiogeno, esito di un episodio di infarto miocardico acuto, insufficienza cardiaca avanzata, miocardite fulminante o arresto cardiaco, rimane a tutt’oggi largamente insoddisfacente, considerato che la mortalità, estremamente variabile nelle diverse condizioni cliniche, è comunque dell’ordine del 40-60%. Per via della critica insufficienza dell’apporto di ossigeno e dell’ipoperfusione degli organi, è stata avanzata nel tempo la possibile soluzione di un supporto meccanico aggiuntivo. L’utilizzo della contropulsazione aortica ha avuto una notevole diffusione nella pratica clinica che persiste tuttora nonostante la dimostrazione della sua inefficacia nello shock da infarto miocardico e la raccomandazione negativa delle linee guida al suo impianto. Sono altresì ancora limitate le evidenze riguardo all’efficacia di pompe di flusso microassiale che preleva il sangue dal ventricolo sinistro e lo reimmette in aorta ascendente. Ha avuto invece una discreta diffusione il supporto con ossigenazione extracorporea a membrana veno-arteriosa (VA-ECMO), inizialmente progettato per i casi di insufficienza respiratoria. L’impianto di questo dispositivo, che presuppone la presenza di un team formato almeno da cardiologi e anestesisti oltre che da cardiochirurghi o da chirurghi vascolari, è discretamente semplice e rapido e può essere effettuato in diversi contesti, anche extraospedalieri. Tuttavia, anche sulla base dei recenti risultati dei trial randomizzati, l’utilizzo dell’ECMO nello shock cardiogeno quale complicanza di un infarto del miocardio non migliora la sopravvivenza ed è associato ad una discreta incidenza di eventi emorragici e ischemici periferici. Le linee guida delle Società Scientifiche esprimono raccomandazioni variabili, prevalentemente di classe II, per le condizioni cliniche di shock cardiogeno nell’ambito di insufficienza cardiaca avanzata, o refrattario e miocardite, oltre che di arresto cardiaco. Pertanto, il supporto al circolo con VA-ECMO ha la sua più forte indicazione, in attesa dei risultati di trial randomizzati, nei pazienti con arresto cardiaco con tempi di arresto brevi, che hanno avuto un evento testimoniato e che hanno ricevuto rianimazione precoce, in pazienti selezionati con shock cardiogeno con insufficienza cardiaca avanzata e in quelli con miocardite fulminante, nei potenziali candidati a trapianto cardiaco o ad assistenza ventricolare, specie in concomitanza di insufficienza respiratoria e/o grave disfunzione biventricolare. È di grande rilievo per la pratica clinica la raccomandazione ad utilizzare l’ECMO in Centri di riferimento per numeri di casi e complessità delle patologie trattate, implementando team multidisciplinari e favorendo modelli di network “hub and spoke”.